Bellunesi prigionieri del tifone: «Mangkhut: una vera apocalisse»

Lunedì 17 Settembre 2018 di Alessia Trentin
La famiglia Bottegal
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Sembrava l’apocalisse. Una famiglia bellunese nell’inferno di Hong Kong. Per Manuela Dall’Asen, il marito Paolo Bottegal e i figli Matteo e Nicola quella di ieri è stata una domenica di terrore. Imprigionati nel loro appartamento al cinquantesimo piano di un grattacielo della metropoli cinese, hanno vissuto ore di panico. L’enorme edificio oscillava sotto le sferzate del tifone Mangkhut, le grandi vetrate delle stanze sembravano ad un passo dall’andare in frantumi e, anche a restare fermi, veniva il mar di mare. «Avevamo il terrore che le finestre si rompessero, che volassero vetri e mobili», racconta la donna. 
LA PAURA
La famiglia di origini bellunesi, trasferitasi per motivi di lavoro nell’isola asiatica circa quattro anni e mezzo fa, era pronta alla furia del tifone. O, meglio, era stata informata come il resto della popolazione dell’arrivo della catastrofe e della sua intensità. Ma poi, trovarcisi nel mezzo e starci per ore è stata tutt’altra cosa. A quella paura non ci si trova mai preparati. È stato un tifone di forza maggiore rispetto a quelli degli ultimi anni – racconta Dall’Asen -, il più forte di quest’anno a livello mondiale. Il grado stimato è t10+, molto forte se si considera come già con il t8 tutte le attività di una città vengano bloccate».
Che il tifone sarebbe arrivato lo si sapeva da una settimana. Il Governo aveva ampiamente informato la popolazione, di modo da prepararla a mettere in campo tutte le misure preventive del caso. In un clima di strana calma, quella che precede lo scatenarsi di tragedie, la famiglia si è chiusa in casa ieri mattina alle 9. Inizialmente è parso un temporale come un altro, solo un po’ più forte. Sembrava tutto sotto controllo, il vento colpiva di lato l’edificio senza sollecitare le grandi vetrate. Dopo pranzo, però, sono scattate ore di terrore. Improvvisamente le sferzate hanno cambiato direzione andando ad abbattersi contro le finestre. «Abbiamo avuto tantissima paura io e mio marito, ma cercavamo di nasconderla per non spaventare ancora di più i bambini – racconta -. Era tutto spaventoso, la pioggia colpiva i vetri con forza, sembravano secchiate d’acqua, le finestre tremavano, il lampadario oscillava e l’intero palazzo si muoveva, veniva il mar di mare come se fossimo in una barca. Guardando fuori vedevamo volare mobili, borse, pezzi di case e alberi poi abbiamo osservato il mare davanti alla nostra casa alzarsi, le onde raggiungere i 14 metri d’altezza e travolgere tutta la spiaggia dove giocano i bambini». Ad un tratto è partito l’allarme del palazzo, ad aumentare la sensazione di catastrofe e l’inquietudine. «Siamo usciti sulle scale ma l’ascensore era fuori uso – aggiunge la donna - eravamo bloccati al cinquantesimo piano, in quel momento ci siamo sentiti davvero in gabbia”.
LA CITTA’
La reclusione è durata tutta la giornata di ieri. Già in serata l’intensità del fenomeno si è allentata e la metropolitana aveva iniziato a circolare. Forse i Bottegal oggi usciranno dal loro rifugio, certo le scuole resteranno chiuse per permettere la riparazione dei danni. L’agitazione ha caratterizzato anche i giorni precedenti il tifone. La notizia aveva messo in apprensione la popolazione che si è riversata nei negozi e fare provvista di beni essenziali. «Già sabato non si trovavano più frutta, verdura e acqua – racconta ancora la bellunese – e la città aveva assunto un aspetto diverso». Quello di un posto pronto alla catastrofe: dalle strade e dai giardini dei condomini erano stati coperti e legati tutti quegli oggetti e arredi che il vento avrebbe potuto sollevare e trascinar via e i cittadini avevano messo in sicurezza le grandi vetrate che caratterizzano i maxi grattacieli con nastro adesivo. In quanto alle attività, in poco tempo tutto si è bloccato e tra i cittadini si sono diffuse le notizie di chiusura di servizi, della cancellazione delle messe domenicali e di tanto altro.
 
Ultimo aggiornamento: 08:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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