Roma, caso Regeni, il legale della famiglia: «Abbiamo 20 nomi»

Mercoledì 5 Dicembre 2018
Roma, caso Regeni, il legale della famiglia: «Abbiamo 20 nomi»
Una lista di «20 persone» che «potrebbe allungarsi fino a 40». Tutte coinvolte nella scomparsa e nella morte di Giulio Regeni, il ricercatore scomparso il 25 gennaio 2016 e trovato senza vita il 3 febbraio al Cairo. A parlarne è l'avvocato dei genitori di Giulio. Dopo che la procura di Roma ha iscritto sul registro degli indagati i nomi di 5 persone, Paola e Claudio Regeni, madre e padre del ricercatore, insieme all'avvocato Alessandra Ballerini, hanno tenuto una conferenza stampa alla Fnsi. «Siamo moderatamente ottimisti, c'è stata una accelerazione nelle indagini. In Egitto sappiano che non cederemo neanche in futuro. Siamo in una fase importante, non molliamo» dicono.

«Dalle nostre indagini, dai i documenti in nostro possesso - rivela il legale - sono almeno 20 i nomi coinvolti nel sequestro, nelle torture e nell'omicidio di Giulio, per lo più generali e colonnelli della National Security egiziana. I 5 iscritti dalla Procura sono i nomi più solidi», ha aggiunto. Si tratta di Tarek Sabir, capo della National Security e altri quattro componenti dei servizi segreti civili e della polizia investigativa del Cairo. «Ma a braccio, la lista potrebbe allungarsi fino a 40», dice l'avvocato dei Regeni: si va dal «venditore ambulante che in realtà era un informatore che ha tradito Giulio mettendogli addosso una cimice», a chi «lo ha fatto seguire e pedinare», a chi ha «organizzato un depistaggio» tirando in ballo una banda di 5 criminali comuni uccisi il 24 marzo 2016. «Anche il medico legale ha mentito dicendo che Giulio è morto per un ematoma ed è stato torturato per una sola giornata mentre le torture sono durate 8-9 giorni - aggiunge Ballerini - Non sappiamo se tra questi nomi ci siano gli esecutori materiali dell'omicidio».

Uno dei consulenti della famiglia, Ahmed Abdallah, promette: «Chi ha rapito, torturato e ucciso Giulio pagherà».
L'altro consulente è Mohammed Lofty, attivista per i diritti umani: sua moglie Amal Fathy è detenuta. «Arrivare alla verità è un dovere del Governo italiano che non può girare la testa dall'altra parte in nome di rapporti economici», ha sottolineato Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi. «Bisogna dare una "scorta mediatica" a chi chiede verità e giustizia», ha aggiunto il presidente, Giuseppe Giulietti. Oggi il presidente della Camera, Roberto Fico, ha ricevuto i Regeni. «Le parole - ha detto - sono finite. E i fatti sono a zero. L'Egitto deve dire come intende fare giustizia, cosa che sinora non è accaduta. Per questa ragione non ci sono le condizioni per ristabilire rapporti tra Il Cairo e la Camera dei deputati».
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