Caso Iva, Tria scuote il governo:

Mercoledì 27 Febbraio 2019 di Marco Conti
Caso Iva, Tria scuote il governo:
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ROMA «Ma così non si può andare avanti. Voi pensate che il problema è la Tav. Certamente lo è, ma non il solo. E’ tutto bloccato, fermo!». «Guardate che loro vi hanno già abbandonato». Il vertice pomeridiano a palazzo Chigi, post elezioni sarde, tra il premier Conte, i due vice Di Maio e Salvini e il ministro dell’Economia volge al termine. Poco prima di salutarsi e darsi appuntamento tra un paio di giorni per parlare di Tav, Giovanni Tria racconta il contenuto di una cena milanese della scorsa settimana alla quale il titolare di via XX Settembre ha preso parte incontrando quei «loro», a cui fa riferimento il ministro, che altro non sono che imprenditori e rappresentanti di associazioni di artigiani, industriali e commercianti.

LA PORTA
La sintesi della serata è devastante. Il ministro dell’Economia si sforza di essere il più notarile possibile, ma è lapidario: «Anche il Reddito sta diventando un pasticcio gigante». I sassolini che il ministro si leva dalle scarpe raccontando la cena, diventano macigni per Conte e rischiano di ostruire il portone di palazzo Chigi. Sassolini che diventano problemi enormi per i due vicepremier ancora fermi sulla linea del rinvio. Un paio di giorni ancora sulla Tav pur sapendo che lo scontro sarà inevitabile. Così come lo sarà sull’autonomia o sulla legittima difesa. A palazzo Chigi non serviva il report della Commissione Ue per far scattare l’allarme rosso sul rischio di un terzo trimestre a crescita negativa e di una manovra correttiva che a palazzo Chigi esclude solo uno degli inquilini del terzo piano. Il problema è però come far ripartire investimenti e cantieri avendo a disposizione un codice degli appalti ancora in mezzo al guado e pochi soldi. Tornare a battere cassa al ministro dell’Economia è esercizio facile per ogni maggioranza e governo, ma rischia di diventare complicato quando il Paese è fermo e le entrate fiscali languono. Ovviamente per il Mef una soluzione è a portata di mano ed scritta nella legge di Bilancio dello scorso dicembre: aumentare l’Iva, seppur su alcuni specifici beni, è ritenuta la soluzione da molti economisti ma indigesta per molti commercianti. Anche se Tria di recente ha negato l’ipotesi, le clausole di salvaguardia - in caso di deficit eccessivo - parlano chiaro. Il più nervoso ieri sera era Matteo Salvini che lascia palazzo Chigi poco prima delle sei. Scuro in volto, e con il cellulare zeppo delle percentuali delle elezioni in Sardegna, il leader della Lega è stranamente sintetico. «E’ andata benissimo», dice rientrando nell’auto blindata. Il decreto per rimborsare i truffati delle banche venete è pronto ed è una buona notizia per i due vicepremier che di recente hanno partecipato ad un’assemblea di risparmiatori. Ma per Salvini il Nord non finisce a Vicenza. I governatori della Lega, in testa il veneto Zaia, sono particolarmente nervosi. La gelata sull’economia che scatena il popolo delle partite iva, si somma al rinvio del progetto autonomista con tanto di attacchi grillini alla ministra Stefani. Questioni che - da qui a fine maggio - rischiano di trascinare la Lega nella profezia di Umberto Bossi: «Se si prendono voti al Sud si perde al Nord». Malgrado i tentativi di contenerlo, il Reddito di cittadinanza c’è e continua a non piacere all’elettorato del Carroccio. La prossima settimana dovrebbe partire e a fine aprile dovrebbe essere erogato. Con l’alleato in difficoltà per l’ennesimo risultato elettorale negativo, Salvini non preme sull’acceleratore e, per ora, si limita su molte questioni a schierarsi con il ministro dell’Economia.

IL PRESSING
Malgrado i tentativi del premier Conte di smussare gli spigoli, il rapporto tra il ministro Tria e il M5S resta teso.

Ieri è stato lo stesso Di Maio ad invitare il ministro dell’Economia a non occuparsi di Tav: «Non ne devi parlare. Non è un tema che ti riguarda. C’è un contratto e un ministro». Di Maio ha fretta di chiudere il capitolo Tav e ritiene che il tira e molla sia dannoso per il Paese più di una rinuncia all’opera. Salvini è però convinto del contrario e anche ieri è tornato a battere sul punto: «Il progetto si può rivedere, risistemare, però viaggiare sul treno è sicuramente più utile e meno inquinante che su gomma». La pressione sull’alleato è destinata comunque ad aumentare. I dati della Sardegna, che ieri sera Salvini consultava nell’auto di servizio, dicono infatti che il centrodestra gode di ottima salute, ma che il voto tende ora a distribuirsi tra le liste. La Lega continua ad essere largamente il primo partito, ma iniziano a prendere quota anche formazioni più piccole, come l’Udc di Cesa, i FdI della Meloni, e formazioni locali come gli autonomisti sardi che domenica hanno raccolto percentuali a due cifre. Mentre il sottosegretario Giorgetti è negli Usa a cercare investitori, nella Lega ci si interroga sul rischio del contagio. Unico a non preoccuparsi è il sottosegretario al Mef Massimo Garavaglia che ieri transitava serafico a Montecitorio declinando inviti per venerdì: «Ho lezione di musica, suono la batteria, non posso».

Ultimo aggiornamento: 12:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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