Sblocca-cantieri, lite sul mini condono: slitta il piano Tria

Martedì 19 Marzo 2019 di Andrea Bassi e Giusy Franzese
Sblocca-cantieri, lite sul mini condono: slitta il piano Tria

Dalla flat tax al mini condono edilizio: la tensione nel governo non si allenta e trova sempre nuove motivazioni. Dopo una mattinata di fuoco sulla tassa piatta lanciata con polemiche ad alzo zero tra Lega e M5S, il clima sembrava essersi rinfrescato quando nel primo pomeriggio era intervenuto il premier Conte: «È un impegno preso con gli elettori e poi trasfuso nel contratto di governo, sicuramente porteremo anche a termine questo progetto riformatore».

Salvini e Di Maio, è gelo: sfida per intestarsi il rilancio
 

 

​Poi anche Luigi Di Maio aveva buttato acqua sul fuoco: «Troveremo una soluzione». Ma la tregua è durata poco. Nelle chat dei parlamentari ha iniziato a girare una norma dello sblocca-cantieri la cui paternità è stata subito attribuita alla Lega. Una mini-sanatoria sulle piccole irregolarità sui vecchi edifici (porte e finestre spostate rispetto ai documenti tecnici, piccole difformità), che si fatica a verificare nelle carte delle costruzioni avviate prima del 1977. Una misura che però, non piace al M5S.

La polemica è montata immediatamente. E il Carroccio è stato costretto a smentire. «La Lega», hanno fatto sapere fonti del partito, «è contraria a ogni condono, la notizia è infondata». Ma le distanze restano. E sono tante. Come per la vicenda dei commissari sblocca-opere. Il Carroccio ne vorrebbe uno solo, che ai Cinquestelle suona come un commissariamento del ministro Toninelli. Dall'altro lato i grillini vorrebbero inserire solo un numero limitato di cantieri da riavviare, soprattutto al Sud, loro bacino elettorale. Ma Salvini, per l'ennesima volta, ha detto no a un «intervento minimo».

Perché «il decreto deve sbloccare tutti i cantieri, L'Italia non ha bisogno di aspirine ma di una rivoluzione». In questo clima Palazzo Chigi sta provando a trovare il bandolo della matassa in vista del consiglio dei ministri di domani che dovrebbe approvare il provvedimento. In bilico c'è anche il destino del pacchetto Tria, le 35 misure per la crescita messe a punto dal ministro dell'economia. I Cinquestelle non vogliono inquinare il loro decreto sblocca-cantieri con le norme pensate dal Tesoro per rilanciare gli investimenti. A via XX settembre sanno che il sentiero si è fatto stretto. Anzi, ormai c'è quasi la certezza che le norme non vedranno la luce domani, ma resta alto il pressing perché vengano approvate prima del 10 aprile, data del Def.

LA GUERRA DI CIFRE
Anche sulla flat tax con aliquota al 15% che il vicepremier Salvini vorrebbe introdurre pure per i lavoratori dipendenti (per le piccole imprese e gli autonomi fino a 65.000 euro di reddito già è una possibilità), i due alleati di governo, nonostante i toni abbassati nel pomeriggio, restano comunque distanti. D'altronde in mattinata la polemica era stata fortissima. A far infuriare Salvini sia le parole stizzite di Di Maio e il suo stop al progetto («Basta con la propaganda elettorale e le facili promesse alla Berlusconi») sia il presunto costo della misura pubblicato sui principali quotidiani: 60 miliardi di euro. Una cifra così alta da dare fiato alle trombe dei grillini, prime seconde file e tutto il resto dell'orchestra, per sparare ad alzo zero sulla proposta.

«Numeri strampalati, 50-60 miliardi di euro, non siamo al Superenalotto.
Per la prima fase bastano tra i 12 e i 15 miliardi di euro per un abbattimento fiscale a tante persone» dichiara un più che irritato Salvini. Ma i Cinquestelle non si placano: «Anche fossero 15 miliardi di riforma dell'Irpef oggi sono insostenibili » dice la sottosegretaria all'Economia, la grillina Laura Castelli. E la polemica continua, con incursioni anche delle opposizioni. Intanto dal Mef precisano: quei dati non sono usciti dal ministero. È personalmente il ministro Giovanni Tria a dirlo: sull'ipotesi di una flat tax ai dipendenti «non è stata fatta nessun» e qualsiasi numero «è destituito di ogni fondamento». Una smentita richiesta dallo stesso Salvini: «Il Mef ha smentito qualsiasi simulazione, i numeri di cui ho letto sui giornali hanno l'attendibilità di Topolino». Il vicepremier rilancia la sua di cifra: «Inferiore ai 15 miliardi, quindi poco più rispetto a quello che si investe per il reddito». Soldi - ribadisce - con i quali «si dà un aiuto fondamentale a imprese famiglie e professionisti».

Ultimo aggiornamento: 16:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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