«L'indipendenza della magistratura giudicante e requirente è un principio non negoziabile. Una contiguità col potere esecutivo è inimmaginabile. Resta però il problema della separazione delle carriere». Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenendo al 36esimo congresso dell'Associazione Nazionale Magistrati in corso a Palermo.
«Ci sono diffrenze nelle nostre posizioni, lo sappiamo tutti, e spesso sono state espresse anche in termini severi. - ha detto Nordio, ricordando le tensioni con l'Anm su diversi temi relativi alla giustizia - Io accetto il dissenso che è il sale della democrazia.
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«Nessuno ha mai pensato che un'eventuale riforma, come quella che gli elettori ci hanno incaricato di fare, possa vulnerare la democrazia né tantomeno l'indipendenza della magistratura requirente o giudicante. Questo non significa affatto che le cose sono già state scritte o irrimediabilmente decise. Noi, sempre nei limiti franche di leale collaborazione, senza retropensieri o riserve mentali, le cose che vorremmo fare le diciamo. Quelle che possiamo fare insieme cercheremo di farle», ha proseguito.
«La separazione delle carriere dei magistrati è nel programma elettorale. È sicuramente un percorso lungo perché richiede una revisione costituzionale. Sarà fatta nel principio della dichiarazione di Bordeaux. È la stessa dichiarazione di Bordeaux che prevede una netta distinzione tra pubblico ministero e giudice. Ma essa stessa prevede, e per me è un principio non negoziabile, che via sia una assoluta indipendenza del pubblico ministero nei confronti di qualsiasi autorità, a cominciare dal potere esecutivo. Questo è un dogma non trattabile per me».
È intervenuta al 36esimo congresso di Anm anche Elly Schlein, sottolineando «la ferma contrarieretà» del Pd alla separazione delle carriere dei magistrati. La segretaria del Pd ha poi aggiunto: «Noi riteniamo che la separazione delle carriere, oltre a non risolvere i problemi della giustizia, sia l'anticamera della sottomissione dei magistrati all'Esecutivo e comprometta il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale».