Pescara, il pescatore sopravvissuto: «Io, 40 ore in mare da solo ho resistito per mio figlio»

Martedì 16 Ottobre 2018 di Alessandra Di Filippo e Paolo Mastri
Pescara, il pescatore sopravvissuto: «Io, 40 ore in mare da solo ho resistito per mio figlio»

Ce l'ha fatta, dicono i medici, perché è giovane e robusto. Ce l'ha fatta perché l'autunno è ancora mite e perché l'acqua dell'Adriatico misura qualche grado in più della media stagionale. «Ce l'ho fatta - racconta lui - perché avevo voglia di resistere, di riabbracciare mio figlio, di tornare da mia moglie e da mia madre». Giovanni Amodio è il pescatore di Martinsicuro riemerso vivo dalle acque del mare a 40 ore dal naufragio della sua piccola barca, che si chiamava San Gabriele quarto, a testimonianza di una fede salda e radicata che qualcosa avrà pur voluto dire nell'avventura straordinaria di quest'uomo di 35 anni, forte come una roccia.
 



Due notti intere, a partire dall'una di venerdì scorso, e due giornate in balia delle correnti, tenuto a galla e in vita dal giubbotto salvagente afferrato con un guizzo, quando lo scafo si è ribaltato e lui è rimasto sotto, al freddo e al buio. Due notti e due giorni, solo, a sperare, resistere e imprecare per quegli elicotteri che gli ronzavano sopra la testa senza riuscire a individuarlo. Fino a domenica pomeriggio, quando ad accorgersi di lui sono stati i quattro occupanti di un motoscafo da diporto, tra i quali il poliziotto Giuseppe D'Addario, autore del salvataggio.
 
 


L'ELICA IMPIGLIATA
«Ce l'ho fatta, ma in alcuni momenti ho avuto paura di cedere». Dal letto dell'ospedale di Pescara Giovanni Amodio riprende il racconto. «Ero con la mia piccola imbarcazione a largo di Martinsicuro quando l'elica si è impigliata alle reti che avevo calato in acqua tirando giù la barca, che si è ribaltata. Io sono finito sotto, ho fatto in tempo a prendere il giubbotto salvagente e poi sono riemerso. Era circa mezzanotte. Da questo momento, è iniziata la mia lunghissima attesa. Intorno a me il buio, non vedevo niente. Di giorno ho provato a nuotare, ogni tanto lo facevo. Percepivo tutto. Vedevo in cielo gli elicotteri che mi cercavano e in mare le barche, le motovedette della Guardia costiera, ma non riuscivano ad individuarmi. Poi, domenica, il miracolo. Forse mi avrà aiutato San Gabriele. Una grossa mano me l'ha data anche la mia corporatura robusta. Mi ha aiutato a resistere a quelle condizioni estreme. In ogni modo, devo dire che faccio il pescatore da vent'anni e di situazioni difficili ne ho viste tante. Quindi, un po' sono abituato, anche se non nego che ci sono stati momenti in cui non ce la facevo più, ero sul punto di cedere. Ho avuto quattro-cinque crisi, ho stretto i denti e tirato avanti per loro, per i miei familiari».
Testimoniano tanta forza il quadro clinico che parla di un inizio di necrosi dei tessuti muscolari e la testimonianza di Giuseppe D'Addario, poliziotto della squadra volante di Pescara, angelo del mare per volere del caso: «Quando è salito a bordo della barca dei miei amici - dice - ha avuto la forza di dire il suo nome: sono Giovanni, Giovanni Amodio, facendoci capire che si trattava proprio del naufrago di Martinsicuro. Domenica la sua storia era già sui giornali, ma noi eravamo a otto miglia al largo di Pescara sud, a 25 dal punto di ritrovamento della barca alla deriva. L'adrenalina lo teneva ancora in pieni, ma subito dopo aver parlato al telefono con la mamma ha avuto il cedimento ed è scoppiato in lacrime».

LA SPERANZA
Lei, mamma Daiana, che in ospedale fa scudo ai curiosi insieme alla nuora Rossana, la speranza non l'ha mai persa. «Il telefono di Giovanni ha smesso di suonare all'una di notte, ho avuto subito la sensazione di qualcosa di grave, mi sono precipitata al porticciolo insieme a un'amica. Gli altri pescatori mi dicevano di stare tranquilla, che in mare non sempre c'è campo. Non era così, dentro di me lo sapevo, quando si è fatto giorno e ho visto il mare agitarsi ho chiamato la Capitaneria. Ma ero sicura che Giovanni ce l'avrebbe fatta, è un pescatore troppo esperto. «Sapevo che l'avrei visto tornare a casa - conferma Rossana, la moglie -. Il bambino e io lo abbiamo aspettato». Ma c'è davvero del miracoloso nella resistenza dimostrata da Giovanni, rimasto in acqua per 40 lunghe ore, senza poter bere e nutrirsi. Spiega molto l'esperienza, la confidenza con l'ambiente dell'uomo di mare; spiega molto il fatto di aver mantenuto addosso i vestiti, riducendo la dispersione del calore corporeo; spiega molto la mole di un uomo nel pieno vigore dei suoi 35 anni. Il resto può avere tanti nomi, a partire dal santo che, da sempre, battezza le barche di casa Amodio. Lui, l'uomo nato due volte, ha invece un solo desiderio: «Tornare al più presto alla mia vita». E questo, in verità, è più difficile da capire.
 

Ultimo aggiornamento: 14:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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