Aggressione a Niccolò Bettarini, il suo legale: «Servono pene esemplari»

Martedì 8 Gennaio 2019
Aggressione a Niccolò Bettarini, il suo legale: «Servono pene esemplari»
MILANO «Siamo fiduciosi nella giustizia e auspichiamo pene esemplari». A chiederlo è l’avvocato Alessandra Calabrò, che rappresenta come parte civile Niccolò Bettarini, il figlio ventenne di Stefano Bettarini e Simona Ventura aggredito lo scorso primo luglio a calci, alla vigilia dell’udienza di domani del processo abbreviato a carico di quattro giovani accusati di tentato omicidio. «L’integrazione istruttoria disposta dal giudice Guido Salvini ha aggravato il quadro accusatorio e fornito una ricostruzione molto dettagliata del violentissimo episodio relativo al tentato omicidio perpetrato nei confronti di Niccolò Bettarini», spiega il legale, facendo riferimento alle testimonianze in aula di Bettarini e di altri suoi amici della scorsa udienza.
«POTENZIALE ESITO LETALE»
Domani ci saranno gli interventi dei difensori degli arrestati, per i quali il pm Elio Ramondini ha chiesto condanne a dieci anni, e salvo rinvii ad altra data potrebbe arrivare la sentenza. Dall’esame «della documentazione clinica» e da altre analisi è emerso che «non si è mai concretizzato un attuale pericolo per la vita» per Niccolò Bettarini, ma le «caratteristiche» dell’arma utilizzata, le «modalità» dell’azione e le lesioni «al torace e all’addome» risultano «astrattamente del tutto idonee a provocare» ferite «potenzialmente ad esito letale», ha scritto il medico legale nella perizia disposta dal gup di Milano Guido Salvini sull’entità delle lesioni. Il giovane, nella sua deposizione in aula, ha raccontato: «Sì, sono stato riconosciuto come il figlio di Bettarini, la frase su di me che i miei aggressori hanno detto è stata confermata oggi sia da me che dalla mia amica, anche se penso che questo non è stato il vero motivo dell’aggressione, ma sono entrato in qualcosa di scomodo perché volevo solo aiutare un amico». E altri due testimoni, un’amica e un amico del ragazzo, hanno in sostanza, confermato la ricostruzione della vittima. «Ho provato solo rabbia nel rivederli — ha detto Bettarini — e credo nella giustizia».
CARTELLA CLINICA
I difensori dei quattro aggressori, durante il processo, hanno puntato a far cadere l’aggravante dei futili motivi a carico degli imputati, provando a sostenere anche che fu Niccolò, sotto l’effetto di droga, a colpire per primo con un pugno.
Per questo hanno chiesto l’acquisizione della cartella clinica dell’ospedale in cui il ragazzo fu ricoverato d’urgenza, da cui Bettarini risulterebbe «positivo ai test sull’uso di stupefacenti». Niente affatto, ha replicato il suo legale Alessandra Calabrò: «Niccolò Bettarini non è mai risultato positivo alla droga. I medici che lo soccorsero gli somministrarono Morfina e Fentanest, sostanze oppioidi per il controllo del dolore. Solo a questo è dovuta la positività della ricerca degli oppioidi nelle urine che è stata effettuata in ospedale. La ricerca della cocaina, invece, è risultata negativa. Dunque, si tratta di farmaci e non di droghe». Dal canto suo, su questo aspetto, il pm ha sottolineato che si tratta di un elemento «irrilevante» per ricostruire il tentato omicidio: secondo l’accusa, Bettarini fu aggredito dal branco per motivi futili, «si sono scagliati contro di lui, che era distante», perché volevano ucciderlo.
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