Se c'è chi lavora per stipendi più bassi del Reddito c'è il rischio che si scateni una guerra tra poveri

Domenica 10 Febbraio 2019
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Caro direttore,
il governo esulta e brinda per avere elargito un lauto sussidio a chi non ha un lavoro e vive in serie difficoltà. Ben tre milioni di cittadini sembra averne diritto. Mi chiedo allora perché mio nipote poco più che ventenne lavora con i turni serali e arriva a prendere come dipendente il 30 per cento in meno del sussidio. Ritengo questo una vera offesa a chi lavora, si impegna e fa sacrifici per avere un lavoro fisso, mentre a causa di governanti nulla facenti noi cittadini dobbiamo farsi carico oltre che del nostro difficile vivere, anche di scelte inopportune e false. Renzi a suo tempo regalò i famosi ottanta euro a milioni di persone, questi hanno pensato di emularlo solo per prendere voti e poter vivere senza fare nulla, escluse le tante parole e i proclami ovviamente.


Emilio Andreis
Conegliano (Treviso)


Caro lettore,
mi ero ripromesso di non parlare più, almeno per qualche tempo, di reddito di cittadinanza. Ma l'interesse verso questa misura continua ad essere molto elevato e quindi torno sul tema. Lei coglie una delle zone grigie del provvedimento. Il fatto è che il reddito di cittadinanza, più che una proposta organica, è una parola d'ordine coniata per raccogliere consensi soprattutto al Sud e per dare una parvenza di credibilità alla cosiddetta ideologia della fine del lavoro teorizzata in ambienti vicini al M5S. Trasformato in legge rapidamente e senza la necessaria preparazione, il provvedimento mostra però tutte le sue incongruenze. Quella che riguarda anche suo nipote e che è stata analizzata con la solita puntualità ed efficacia anche da Ricolfi sul Gazzettino di ieri, è una delle più serie. In Italia infatti ci sono oggi migliaia e migliaia di persone che guadagnano una cifra vicina o anche più bassa del reddito-base di cittadinanza, ossia 780 euro al mese. Un salario molto basso ma dettato dalle condizioni del mercato del lavoro e dai livelli di produttività che da tempo caratterizzano il nostro Paese. Ma perché un ragazzo dovrebbe lavorare se non facendo nulla può guadagnare la stessa cifra o persino di più? E chi andrà ad occupare i posti lasciati liberi da chi preferisce ottenere il reddito anziché lavorare? Invece che aiutare i poveri non si finirà per scatenare, come teme anche Ricolfi, una guerra fra poveri, cioè tra chi lavora e chi semplicemente intasca? Forse questi aspetti non preoccupano gli acritici fautori del reddito. Ma le conseguenze rischiano di essere gravi e di aprire nuovi problemi anziché risolverne altri.
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