Venezuela nel caos, Guaidò chiede il voto. Maduro: è un agente degli americani

Venerdì 25 Gennaio 2019
Il presidente venezuelano Nicolás Maduro
7
Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha ribadito oggi a Caracas che il presidente del Parlamento, Juan Guaidò, che si è auto proclamato presidente, «è un agente dei gringos» americani. In una conferenza stampa Maduro ha aggiunto: «Lo conosco, è un agente dei gringos in Venezuela, che lo hanno formato come agente e lo hanno messo in politica, è un agente degli Stati Uniti. Lo so - ha concluso - e eseguirà i loro ordini, non avendo capacità per pensare autonomamente». 

Il "personale non essenziale" dell'ambasciata degli Stati Uniti in Venezuela intanto oggi ha abbandonato il paese sudamericano prima del termine entro cui lasciare il Venezuela stabilito per domenica da Maduro, dopo la rottura delle relazioni diplomatiche e politiche con il governo di Donald Trump. I media locali hanno riferito che una carovana di veicoli diplomatici è stata scortata da funzionari della polizia nazionale bolivariana (Pnb) dalla sede diplomatica a est di Caracas. Luis Florido, deputato dell'Assemblea Nazionale controllata dall'opposizione, ha sottolineato che «la partenza del personale non essenziale dalla ambasciata Usa nel nostro paese è perfettamente normale per casi come quello del Venezuela. Non c'è dubbio che continueranno il loro lavoro a sostegno dell'Assemblea Nazionale e del nostro presidente Juan Guaid».

Si inasprisce dunque il muro contro muro fra i «due presidenti» del Venezuela: Guaidò, il presidente del Parlamento che ha assunto le funzioni dell'esecutivo, ha rilanciato la protesta di piazza per chiedere elezioni immediate, mentre Maduro è tornato a denunciare di essere vittima di un «golpe mediatico internazionale». I due protagonisti dello scontro istituzionale a Caracas hanno parlato oggi quasi in contemporanea: Guaidò in un meeting di piazza con domande della stampa, e Maduro con una sua propria conferenza stampa nel Palazzo di Miraflores.

Guaidò ha ribadito quello che chiama il suo «programma di restituzione della democrazia» in tre punti: «fine
dell'usurpazione» - cioè della presidenza di Maduro che considera illegittima - governo di transizione ed elezioni con garanzie democratiche convocate al più presto. Per ottenere questo obiettivo, ha spiegato, è necessario
riattivare la protesta di piazza, con cortei durante il weekend e una iniziativa più importante la settimana prossima, e aumentare la pressione internazionale su Maduro. Guaidò ha ringraziato i molti paesi che lo hanno già riconosciuto, assicurando che ben presto saranno di più. Dal Brasile, uno dei primi Paesi a farlo, è arrivata anche la proposta di un salvacondotto per consentire a Maduro e ai suoi di lasciare il Venezuela.

Da parte sua, però, Maduro si è mostrato inflessibile, ripetendo che il suo governo è vittima di un «golpe mediatico
internazionale», organizzato da mesi dal governo americano e del quale Guaidò è solo «una marionetta». Il presidente chavista ha avuto parole particolarmente dure contro la Spagna, che nelle stesse ore stava cercando di trovare un consenso a Bruxelles per lanciare un ultimatum al governo di Caracas: o convocate immediatamente elezioni o riconosceremo come capo di Stato a Guaidò. Dopo aver definito «insolenti» le dichiarazioni del ministro degli Esteri spagnolo Josep Borrell, Maduro ha detto che la Spagna «non ha la caratura morale per porci un ultimatum a noi», perché «la Venezuela rivoluzionaria respinge da sempre il colonialismo razzista spagnolo».

L'erede di Hugo Chavez ha ripetuto che è disposto ad accettare la proposta di mediazione con l'opposizione fatta da Messico e Uruguay e si è detto «molto compiaciuto» dal fatto che gli Usa abbiano chiesto una sessione del  onsiglio di Sicurezza Onu per discutere della crisi in Venezuela che si terrà domani. «Questo servirà a far capire al mondo quale è la verità», ha assicurato Maduro, che ha anche annunciato manovre speciali per garantire che la popolazione venezuelana sia pronta in caso di un intervento militare americano.

Nel frattempo, dal Messico il presidente Andres Manuel Lopez Obrador ha ribadito che il suo paese è disposto a sponsorizzare un dialogo fra governo e opposizione venezuelani, ma potrà farlo solo se le parti lo richiedono. Ma Guaidò ha già respinto la proposta: «Non partecipo a dialoghi inutili e dilatori», ha detto.

L'Unione europea nel frattempo lavora a una dichiarazione comune per arginare la crisi in Venezuela chiedendo la convocazione rapida ed immediata di elezioni nel Paese sudamericano. Obiettivo delle riunioni fiume a livello degli ambasciatori dei 28 oggi a Bruxelles è inviare un ultimatum a Maduro, ma allo stesso tempo sanare anche le fratture interne dopo il passo in avanti di alcuni paesi che si erano detti pronti a riconoscere Guaidò che si è autoproclamato capo di Stato.

Secondo quanto si apprende da fonti a Bruxelles, i 28 - sebbene con distinguo e riserve - sarebbero orientati a chiedere la convocazione di elezioni al più presto, a giorni e non a settimane. Si lavora a ritmo serrato dopo la spinta in avanti di alcuni paesi come Germania, Francia e Regno Unito che avevano lasciato intendere che sarebbero stati pronti ad appoggiare la proposta di Madrid: la Spagna propone di riconoscere Guaidò come «presidente ad interim» nel caso in cui il governo di Caracas non accolga la proposta di andare subito alle urne. Un ultimatum che non è piaciuto al presidente venezuelano Maduro che ha tacciato la Spagna di «insolenza» invitandola a lasciare Caracas.

L'Ue cerca di trovare unità per fa fronte comune, mentre da un lato Stati Uniti e Canada hanno già riconosciuto Guaidò, e dall'altro Russia e Cina hanno invece chiesto di non interferire negli affari interni di Caracas. A denunciare la mancanza di una posizione unitaria europea era stato oggi il presidente del Costa Rica, Carlos Alvarado Quesada, sottolineando che «il primo passo da compiere è posizionarsi», perché questa crisi deve essere vista nel
contesto globale, nelle relazioni tra paesi e blocchi. Un auspicio sottoscritto anche dal governo tedesco che aveva chiesto all'Europa di parlare con una voce sola su questa crisi «democratica ed economica catastrofica».

In questo contesto continuano intensi i contatti fra l'Alto rappresentante Federica Mogherini e le cancellerie europee, ha confermato la Commissione europea aggiungendo che la delegazione Ue a Caracas resta «impegnata ed attiva». Una portavoce dell'esecutivo comunitario ha poi ricordato che le presidenziali che un anno fa avevano incoronato Maduro non erano state né libere né eque e non avevano rispettato gli standard internazionali, auspicando in questa prospettiva elezioni democratiche.

Intanto l'Alto commissario Onu per i Diritti Umani, Michelle Bachelet ha chiesto un'inchiesta indipendente sul presunto uso eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza venezuelane per reprimere le proteste antigovernative, e a Maduro di «porre fine alla situazione disastrosa» che sta attraversando il Paese.

 
Ultimo aggiornamento: 26 Gennaio, 17:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci