Guerra in Ucraina, il piano per la difesa Nato: 380 miliardi di dollari in armi, dai proiettili d’artiglieria ai missili anticarro Nlaw

I Paesi europei della Nato spingono sulla produzione bellica per aiutare l'Ucraina

Giovedì 18 Aprile 2024 di Gianluca Cordella
Guerra in Ucraina, la spinta per la difesa Nato: quali sono e quanto incassano le aziende leader nella produzione di armi

Il grido d’allarme del presidente ucraino Volodymyr Zelensky si sta alzando sempre di più: al suo Paese, per respingere la Russia, servono altre armi. E con il Congresso Usa che sta frenando sul nuovo pacchetto promesso dalla Casa Bianca, sotto i riflettori finiscono immediatamente le potenze europee. Dove a mancare non è la volontà di aiutare Kiev, quanto piuttosto la capacità di spingere ulteriormente a livello industriale sulla produzione bellica. D’altra parte l’Europa non si trovava ad affrontare uno scontro di terra così lungo sul proprio territorio dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. E l’obiettivo fissato dalla Nato di destinare alla difesa il 2% del Pil nazionale fino al 2014 – anno in cui Putin si è preso la Crimea – era stato raggiunto solo da tre membri dell’Alleanza. Lo scorso anno – in pieno conflitto – sono stati 11, dieci dei quali nel Vecchio Continente. Alla fine del 2024 dovrebbero essere 18 su 28. Basti pensare che secondo i calcoli dell’Economist, nel 2022 la spesa dei membri europei della Nato non superava quella del 1990; quest’anno raggiungerà i 380 miliardi di dollari, lo stesso budget della Russia.

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Le aziende chiave

Le sette principali aziende del settore – tra cui l’italiana Leonardo – hanno già nuovi ordini per oltre 300 miliardi di euro. A fare la parte del leone è la tedesca Rheinmetall, le cui azioni in Borsa hanno visto il loro valore quadruplicarsi nel 2022. L’azienda – che nel giugno 2022 ha beneficiato di un investimento da parte della Cancelleria tedesca di 100 miliardi di euro – produce proiettili d’artiglieria da 155 millimetri. Esattamente ciò di cui Zelensky ha bisogno.

Secondo le stime degli esperti entro il 2026 il gruppo tedesco sarà in grado di produrre 700mila colpi all’anno. Prima dell’invasione di Putin si fermava a 70mila.

 

Al secondo posto si piazza la svedese Saab che deve il boom sul mercato ai missili anticarro Nlaw. Kiev li ha ricevuti sin da subito: nel primo mese di guerra ne arrivarono quasi cinquemila da Regno Unito, Svezia e persino dal Lussemburgo. Grazie a questi sistemi maneggevoli e letali, la Difesa ucraina annunciò di aver distrutto in quel lasso di tempo 335 carri armati russi e oltre mille blindati. Fondamentali per l’Ucraina e per le sorti dell’azienda che ha visto le azioni impennare del 240%. Non solo per Nlaw ma anche per il caccia Gripen e per i sofisticati sistemi radar, a loro volta impiegati sul suolo ucraino.

Completa il podio proprio Leonardo, le cui azioni hanno registrato un incremento del prezzo del 198%. Secondo l’analisi del Financial Times a trainare il titolo è stato soprattutto l’aumento degli ordini ricevuti da Mbda, principale produttore europeo di missili controllato dall’azienda italiana insieme ad Airbus e Bae Systems. Solo nel 2023 Mbda ha firmato contratti da 7 miliardi di euro con Polonia, Germania e Francia.

Anche la Bae Systems, britanica, è tra le altre aziende che hanno visto i profitti schizzare verso l’alto, così come la francese Nexter, che produce l’obice a lungo raggio Caesar, a sua volta decisivo per la difesa del territorio degli ucraini. Buone performance anche per il gruppo Nammo, di proprietà dei governi di Finlandia e Norvegia. E per la britannica Chmring e la francese Eurenco, tra i principali fornitori di esplosivi e propellenti.

Ultimo aggiornamento: 19 Aprile, 08:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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