Finita l'era degli aiuti: la Troika lascia Atene dopo 8 anni di lacrime e sangue

Lunedì 20 Agosto 2018
Finita l'era degli aiuti: la Troika lascia Atene dopo 8 anni di lacrime e sangue
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Dopo otto anni di misure draconiane, la Troika lascia Atene e il destino dei greci torna nelle loro mani. O quasi. Sì perché se oggi termina il programma di aiuti e la stagione dei memorandum, è anche vero che il paese sarà sottoposto ad una supervisione da parte dei creditori internazionali (Europa e FMI), che chiedono la piena applicazione delle riforme concordate. Anche perché, l'avanzo primario imposto dai creditori al paese, dovrà essere del 3,5% fino al 2022 e del 2,2%, sino al 2060.

In questi anni la Grecia ha ricevuto circa 260 miliardi di euro, somma che nella stragrande maggioranza, circa l'80%, è stata usata per ripagare i debiti. Salvare il paese all'inizio della crisi sarebbe costato molto meno, secondo numerosi economisti tra i 30 e i 50 miliardi. A causa degli incendi di luglio, che sono costati la vita a 95 persone, non è in programma nessun festeggiamento, eppure l'uscita dai mnimònia, per la Grecia rimane un passaggio fondamentale. Sia perché il paese riacquista piena autonomia nella politica economica, sia perché era diffuso tra i greci il timore che non si sarebbe mai vista la luce in fondo al tunnel. Che, nella sostanza, non si sarebbe mai tornati arbitri del proprio futuro. 

LE CRITICHE La politica imposta dalla Troika negli otto anni della crisi è stata più volte oggetto di forti critiche. Da una parte il Pil del Paese è crollato tra il 2010 e il 2018, di circa il 28%, dall'altra è pur vero che nell'ultimo anno si cominciano a registrare alcuni timidi segnali positivi: nel 2018 è prevista una crescita del 2%, mentre per il prossimo anno si dovrebbe arrivare al 2,2%. Anche l'occupazione mostra oggi una ripresa, anche se il tasso di disoccupazione rimane ancora troppo elevato. A maggio 2018 è sceso al 19,5% dal valore monstre toccato nel 2013, quando i greci senza lavoro erano il 28%. 
Il punto debole delle politiche del rigore imposte da Bruxelles rimane, ad ogni modo, proprio il debito pubblico che, negli anni della crisi, è passato dal 126,7% del 2009, al 180,4% del 2018. Colpa, sicuramente, degli effetti recessivi delle politiche imposte dai creditori. E che qualcosa nei memorandum non abbia funzionato, lo ammette in parte anche Yannis Sturnaras, Governatore della Banca di Grecia ed ex ministro delle finanze nei governi di centro-destra: «I memorandum, con tutti i loro sbagli e gli obiettivi mancati, sono stati parte della soluzione e non del problema. La struttura principale dell'economia ritengo stia iniziando a cambiare, a diventare più concorrenziale. Ma abbiamo ancora molta strada da percorrere». 

I TAGLI Tra i numerosi tagli, quelli relativi alla spesa pensionistica hanno prodotto il risentimento maggiore. Basti pensare che le pensioni greche sono state oggetto di ben 14 interventi, arrivando a dimezzare del 50% l'assegno pensionistico degli anziani. Con un taglio della spesa, per le casse dello Stato, di oltre 50 miliardi. Forse, proprio per questo, nel discorso che il premier Alexis Tsipras terrà oggi in un messaggio televisivo, ci dovrebbe essere un concreto riferimento a misure di sostegno per i cittadini in difficoltà. Inoltre, Tsipras intende dare un'accelerazione alla reintroduzione dei contratti collettivi di lavoro, all'aumento del salario minimo, e a sgravi fiscali per circa 700 milioni di euro. Intanto, lavora ad un rimpasto di governo, e secondo quanto filtra, potrebbe essere data enfasi alla scelta di ministri giovani, molti dei quali quarantenni. Questo, mentre i conservatori di Nuova Democrazia, avanti nei sondaggi, continuano a chiedere elezioni anticipate, promettendo una riduzione delle tasse, se dovessero andare al governo.

La legislatura si conclude a settembre 2019, ma non è escluso che si vada a votare in primavera, per europee, comunali e legislative insieme. Alcuni osservatori, a Bruxelles, arrivano persino ad ipotizzare una collaborazione tra Syriza, il partito di Alexis Tsipras e il centro destra, per poter formare un nuovo esecutivo. Un'ipotesi azzardata, ma forse non totalmente infondata. Molto dipenderà da cosa decideranno di fare i socialisti che, negli anni dell'austerità, hanno subito un crollo dei consensi.

    
Ultimo aggiornamento: 17:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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