Beffa Irpef, taglio di 260 euro solo ai redditi medi. Ridotti i benefici a chi ne guadagna più di 50mila

Lunedì 12 Febbraio 2024 di Luca Cifoni e Giacomo Andreoli
Beffa Irpef, taglio di 260 euro solo ai redditi medi

La riforma fiscale appena entrata in vigore non porterà benefici alla maggioranza dei contribuenti che hanno un reddito al di sopra dei 50 mila euro l'anno.
Ma assicurerà invece un risparmio di 260 euro a coloro che superano di molto questa soglia, guadagnando dai 240 mila euro in su. L'ultima circolare dell'Agenzia delle Entrate mette nero su bianco i dettagli del provvedimento che riduce da quattro a tre le aliquote Irpef. E fa emergere così un tema già sottolineato dal viceministro dell'Economia, Maurizio Leo: la necessità di prossime misure di riequilibrio proprio a favore della classe media.

Ma andiamo con ordine. Il decreto legislativo approvato a fine 2023, che contiene la prima parte della riforma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, ha previsto solo per il 2024 un sistema a tre aliquote, con l'accorpamento della prima e della seconda, portate entrambe al 23% per i redditi fino a 28mila euro lordi. Il vantaggio, per chi dichiara un imponibile pari o superiore a questa soglia, è di 260 euro l'anno. Beneficio che corrisponde proprio alla riduzione di due punti dell'aliquota per l'intero scaglione 15-28 mila euro e si conserva intatto fino ai 50 mila euro.

IL MECCANISMO

Al di sopra di questa soglia, però, la situazione cambia e il vantaggio nella maggior parte dei casi rischia di ridursi o annullarsi. Il governo infatti, per attenuare il costo della riforma per le casse dello Stato, ha inserito una franchigia alle detrazioni. Ovvero le spese (dalle medicine agli abbonamenti del trasporto pubblico) sostenute dal contribuente e che possono essere inserite nel 730, andando quindi a ridurre l'imposta netta da versare.
Cosa succederà, allora, con la dichiarazione relativa a quest'anno? In pratica per chi guadagna oltre 50mila euro lo Stato tratterrà i primi 260 euro di detrazioni, che quindi andranno effettivamente a sottrarsi alle tasse solo oltre quella soglia. La franchigia per l'esattezza non si applicherà a tutte le detrazioni, ma solo alle spese detraibili al 19% (tranne quelle sanitarie), alle erogazioni per i partiti politici e ai premi di assicurazione per i rischi legati ad eventi calamitosi.


Le detrazioni al 19% sono però le più diffuse e tra queste incidono quelle sugli interessi dei mutui, fino a un massimo di 4mila euro per l'acquisto e fino a 2.582 euro per la costruzione o la ristrutturazione dell'abitazione principale. Vantaggiosa è anche la detrazione sugli intermediari: fino a mille euro se ci si è serviti di un'agenzia immobiliare per comprare quella che poi diventa la propria prima casa.
Ci sono poi le spese universitarie e varie altre voci. Le detrazioni, tuttavia, per una norma inserita alcuni anni fa, oltre i 120mila euro si riducono progressivamente, fino ad azzerarsi sopra i 240mila euro. E qui, in combinazione con le novità del 2024, scatta il paradosso. Oltre i 240 mila l'importo complessivo da detrarre è già annullato e la franchigia non può essere applicata.


Ecco che, così, chi guadagna 50mila euro e può detrarre ad esempio 500 euro tra interessi del mutuo e costi dell'agenzia immobiliare, non avrà alcun nuovo beneficio fiscale. Mentre chi è oltre i 240mila euro di reddito pagherà comunque 260 euro in meno rispetto all'anno precedente. Va detto che si tratta di una platea ridotta, meno di centomila persone, per le quali un piccolo "regalo" non farà probabilmente molta differenza. Ma il contrasto con il trattamento riservato a redditi molto più bassi salta comunque all'occhio.

I PROSSIMI INTERVENTI

Si poteva evitare questo effetto collaterale? Dalla Fondazione nazionale di ricerca dei Commercialisti osservano che non c'erano altre possibilità di ridurre lo sconto per i redditi molto alti, a meno di utilizzare per loro la leva fiscale, cioè di aumentare il prelievo per una cifra equivalente o superiore. Un'idea che non dispiacerebbe a parte dell'opposizione (come nel caso dell'Alleanza Sinistra/Verdi), che però propone per l'esattezza imposte sui patrimoni oltre i 500mila o il milione di euro, per abbassare le tasse a tutti gli altri. Come già accennato invece, il governo con il viceministro Leo lavora a un intervento per il 2025 di riduzione dell'Irpef per chi guadagna attorno ai 50mila euro l'anno.


Il destino del nuovo taglio delle tasse sarà legato però a quello di un'altra misura: il concordato biennale per le partite Iva. Più risorse arriveranno da lì (per ora si prevedono circa 2 miliardi), più l'esecutivo investirà sul nuovo taglio Irpef. Sulla carta, l'obiettivo fissato è arrivare a due aliquote, per poi passare alla flat tax, ovvero un'aliquota unica. Se però non ci fossero abbastanza risorse (il passaggio da quattro a tre aliquote è già costato oltre 4 miliardi) si potrebbe intanto optare per l'abbassamento dell'aliquota massima del 43% (che scatta proprio oltre i 50mila euro di reddito) o per lo spostamento della stessa su livelli di reddito più elevati. Ma - sempre vista la necessità di recuperare risorse - a quel punto potrebbe essere indispensabile aumentare ancora la franchigia delle detrazioni, creando un ulteriore squilibrio rispetto a chi guadagna oltre 240mila euro.

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