Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Alberto Fasulo conquista il festival di Locarno:
il suo Menocchio è un ribelle di ieri e di oggi

Sabato 4 Agosto 2018

Ubicato da sempre in una nevralgica zona cinematografica che predilige le domande alle risposte, i personaggi che si liberano della storia anziché restarne codificati, le zone d’ombra e non la luce piena, il regista friulano Alberto Fasulo porta in Concorso a Locarno il suo film più ambizioso, “Menocchio”, accolto alla prima proiezione mondiale con grande entusiasmo e partecipazione. Ispirato alla storia di un mugnaio del ‘500, condannato per eresia, perdonato dopo l’abiura e successivamente messo al rogo per la stessa reiterata colpa, è la storia di un uomo che fieramente ha sfidato il Potere della Chiesa con la sua ribellione al controllo del pensiero e delle coscienze.
Come il suo protagonista, anche il film non è conciliante: affronta le dinamiche dell’umiliante interrogatorio con una regia che esalta la sofferenza dello spirito e il suo desiderio di rivolta attraverso una rappresentazione scarna e allo stesso potente, ravvivata dalla sola luce naturale, dove l’imputato spoglia l’arroganza inquisitoria con la semplicità e la naturalezza di chi sa di essere nel giusto, avendo tuttavia la consapevolezza di non poterlo dimostrare, accettando alla fine di soccombere. Un film politico di tenebrosa bellezza e sorprendentemente attuale, nonostante le radici storiche lontane, che il regista di “Rumore bianco”, “Tir” (vincitore dell’allora Festival di Roma 2013) e “Genitori” ha ricavato dall’opera di Andrea Del Col, basata sulla ricerca storiografica dei Processi dell’Inquisizione a Domenico Scandella, detto appunto Menocchio, conservati nell’Archivio Arcivescovile di Udine.
Fasulo non ha dubbi: «Oggi Menocchio è vivo, si muove in parallelo con noi, l’importante è saperlo valorizzare, legittimarlo non temerlo. È ciò che mette in discussione la verità, che accende il confronto, le diversità necessarie: è il cardine di ogni ribellione possibile, in un’epoca invece in cui tutti cerchiamo il consenso degli altri, perché vogliamo piacere e compiacere, viviamo per un like che ci faccia sentire realizzati».
Alla Chiesa che processa il mugnaio, Fasulo toglie ogni sacralità; e questo è l’aspetto più interessante del film. La riporta a un livello terreno, dimostrando come lo scontro sia in definitiva tra uomini, dove chi ha il Potere ha la forza di schiacciare l’individuo, con Dio o chi per lui fuoricampo: «Dio non si occupa delle cose di questo mondo. Siamo tra uomini, ho una visione terrena della Chiesa: se non l’avessi, non avrei potuto girare Menocchio».
Hai scelto anche stavolta di essere il direttore della fotografia del tuo film: «Sì, in questo modo ho la certezza che il risultato sia effettivamente quello che cerco, senza mettermi ogni istante a discutere. Ho messo in risalto il buio, perché il buio racconta come la luce. Volevo che lo spettatore attraversasse il film come io l’ho pensato: per quello ho girato senza luce artificiale, con un’apertura a 1.9 di diaframma, che rendesse cupi anche i primi piani, ispirandomi ai quadri di Rembrandt, dove prevale il nero come dominante, che apportava nella sua epoca una visione religiosa differente dal cattolicesimo. Gesù e la Madonna non sono lontani da noi, ma stanno in mezzo a noi».
Venezia ha deciso di non scegliere “Menocchio” e quindi il film è a Locarno: «Mi dispiace per tutti quelli che hanno lavorato al film e che forse sarebbero venuti al Lido, ma il festival di Locarno è tra i più prestigiosi al mondo e io sono contento di essere qui. A dire il vero Venezia non ha bocciato il mio film, mi ha solo detto di aspettare; al contrario il direttore di Locarno, Carlo Chatrian, appena l’ha visto ha alzato il telefono, si è detto entusiasta e mi ha offerto di partecipare. E credo sia il luogo più giusto per il mio film, specialmente dopo aver conosciuto la line-up veneziana».
Interpretato da attori non professionisti (con il bravissimo Marcello Martini nella parte del protagonista), prodotto dalla friulana Nefertiti dello stesso Fasulo e da Rai Cinema, il film, pensato da Fasulo per lungo tempo («Direi dai tempi della scuola…»), è stato girato tra il Friuli e il Trentino: insomma ora un piccolo pensiero per il Pardo d’oro si può anche fare.
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