Li assume con 4 anni di ritardo, risarcimento record: la Asl pagherà 341mila euro a 3 dipendenti diversamente abili

Venerdì 26 Maggio 2017 di Federica Lupino
L'ospedale di Belcolle
Sentenza record per la Asl: l’azienda è stata condannata a pagare 341mila euro. Serviranno a risarcire tre lavoratori diversamente abili che avrebbe dovuto assumere a fine 2011, salvo invece rispedirli a casa e fargli firmare un contratto solo nell’aprile del 2016. E così il Tribunale di Viterbo, al quale si sono rivolti, dopo anni di battaglie legali si è pronunciato a loro favore, riconoscendo sia le spettanze sia gli oneri sociali. E a questo punto Mario Malerba, segretario della Cisl, si chiede: “Adesso chi paga? Non sarebbe il caso di cercare i responsabili dell’errore e far pagare loro, anziché la collettività?”. Già, perché i soldi sono già stati impegnati in uno specifico capitolo del bilancio aziendale, quindi sono risorse che andranno tolte ad altre finalità. E non finisce qui: nella stessa situazione c’è anche un quarto lavoratore, che è ancora in attesa di sentenza (un quinto non ha invece fatto ricorso).

Alla fine del 2011, i tre viterbesi iscritti nelle liste del collocamento mirato, hanno ricevuto dalla Asl una lettera di assunzione. Due di loro come operatore tecnico, il terzo come ausiliario del servizio socio-sanitario. Rientravano, infatti, nelle quote che la legge stabilisce ogni anno affinché ogni azienda assuma un numero di diversamente abili in base al totale dei dipendenti. Ma il giorno della firma, sono stati rispediti a casa a mani vuote: assunzione sfumata. Il motivo? Un corto circuito con la Regione che non avrebbe dato il via libera. Dopo diversi mesi, si sono rivolti alla Cisl in cerca di aiuto e hanno ottenuto di lavorare per un periodo ricorrendo ai voucher. Intanto, hanno intentato causa e ad aprile dello scorso anno finalmente sono stati assunti. Ma i 4 anni e mezzo di ritardo costeranno ora molto caro alla Asl.

“La sentenza – commenta Malerba – è sacrosanta: di fronte a una lettera di assunzione non si può essere rispediti a casa, a maggior ragione se si tratta di tipologie così delicate di lavoratori. Ma resta un nodo: chi risarcisce i danni? Perché se, come ha riconosciuto il giudice e come noi sostenevamo sin dall’inizio, è stato commesso un errore, non c’è motivo per cui paghi la collettività e non chi ne è responsabile”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA