Tra equilibrio e bellezza, l'opera di Andrea Palladio ammirata fino negli Usa

Lunedì 14 Agosto 2017 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
Con una risoluzione del 2010 il Congresso degli Stati Uniti d'America ha riconosciuto Andrea Palladio come “padre dell'architettura americana”; d'altronde il Campidoglio americano e la stessa Casa Bianca sono progettate seguendo dei dettami chiaramente palladiani. Influenze palladiane si riconoscono nel Regno Unito, in Irlanda, in Russia; finanche in Liberia, dove gli ex schiavi di ritorno in Africa dal continente americano costruirono le loro abitazioni sulla falsariga di quelle che avevano conosciuto nel loro passato buio, trascorso nelle grandi piantagioni del sud: in stile palladiano, appunto. Andrea Palladio è senza dubbio una delle personalità che più hanno influenzato la storia dell'architettura.

Non male per il figlio di un mugnaio padovano, Pietro della Gondola, e di Marta “la Zota” – la zoppa. Il talento giovanile di Andrea di Pietro della Gondola fu riconosciuto da un nobile che decise di aiutarlo: il vicentino Giangiorgio Trissino, che lo vide all'opera nel cantiere della sua villa di Cricoli. Trissino era anche poeta e umanista: fu a lui che il giovane architetto dovette lo pseudonimo di “Palladio”, col quale il mondo lo conoscerà. Fu a lui che dovette i frequenti viaggi a Roma e la conoscenza dei dettami dell'architettura vitruviana che ripropose in maniera mirabile nelle sue ville – ancora oggi maggiormente concentrate nel vicentino – in cui ogni spazio è legato agli altri da un sistema di proporzioni interrelate.

Nato a Padova nel 1508, Palladio vide infatti sorgere il suo astro in terra berica, sebbene si debba a lui – a Venezia, grazie all'influenza della famiglia Barbaro – il profilo rinascimentale dell'isola di San Giorgio maggiore e del Redentore alla Giudecca. Prima di tutto ciò, nel 1534, si era sposato con Allegradonna, di cui si sa molto poco: che gli diede sicuramente cinque figli, forse sei; che era orfana di un falegname e lavorava presso una nobildonna che le fornì in dote un letto e le lenzuola, che Palladio si impegnò a rimborsare per metà del valore se la donna fosse morta senza dargli figli. A morire in circostanze tragiche, saranno invece nel 1572 due di loro: Leonida e Orazio, quest'ultimo dopo essere stato sottoposto a più processi per eresia, precipitando il padre in un “gravissimo e acerbissimo dolore”.

Andrea Palladio fu nominato “Proto della Serenissima” nel 1570, subentrando a Jacopo Sansovino. Lo stesso anno diede alle stampe a Venezia “I quattro libri dell'architettura”, forse il trattato cinquecentesco più celebre sul tema, utilizzato anche per terminare molti suoi lavori dopo la morte. Come il Teatro Olimpico di Vicenza, probabilmente la sua opera più conosciuta e giustamente celebrata, terminata dopo la scomparsa del padre dal più giovane dei figli, Silla (sotto la guida di un altro grande architetto formatosi a sua volta con Palladio, Vincenzo Scamozzi).

“La suprema civiltà – scrisse tra le altre cose nel suo trattato – consiste nel raggiungere il perfetto accordo con la natura senza perciò rinunciare a quella coscienza della storia che è la sostanza stessa della civiltà”. Un concetto che trovò terreno fertilissimo nei secoli successivi, e che ha spinto l'opera di Palladio ben oltre i territori della Repubblica di Venezia.

Andrea Palladio morì nell'agosto del 1580 a 72 anni, in condizioni economiche precarie, forse a Maser; non è noto il giorno esatto né la causa. I funerali furono celebrati senza clamore a Vicenza. Ma il suo astro continuò e continua a brillare ancora oggi.
Ultimo aggiornamento: 16 Agosto, 11:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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