Pop Vicenza, la Procura punta a chiudere l'inchiesta a fine anno

Martedì 8 Agosto 2017 di ​Maurizio Crema
Pop Vicenza, la Procura punta a chiudere l'inchiesta a fine anno
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VICENZA - In procura e tra gli uomini della Gdf a Vicenza si tirano le fila di questi due lunghissimi anni di indagini sul crac della Popolare e si fa il punto sulle prossime mosse isolandosi dalle forti pressioni che si stanno moltiplicando sull'inchiesta. Dopo il deposito degli atti per il principale filone d'indagine su aggiotaggio e ostacolo alla Vigilanza, si attendono eventuali nuovi interrogatori e, soprattutto, l'udienza della Cassazione del 7 dicembre che si dovrà pronunciare sul conflitto di competenza aperto dal gip Barbara Maria Trenti con Milano.

L'obiettivo dei sostituti Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori, coordinati dal procuratore capo Antonino Cappelleri, è quello di chiedere entro fine anno il rinvio a giudizio per i sette imputati rimasti (tra questi l'ex presidente Gianni Zonin e l'ex direttore Samuele Sorato) in modo da poter andare all'udienza preliminare nella primavera del 2018. L'eventuale processo si annuncia di quelli che faranno storia a Vicenza, col Tribunale che sta già organizzando una sede idonea per le udienze e gli avvocati delle migliaia di parti offese che si potrebbero costituire. Se arriverà il via libera della Cassazione, la Procura di Vicenza punta a riunificare i due filoni di indagine che sostanzialmente ricalcano l'ostacolo alla vigilanza per Banca d'Italia (già chiuso) e Consob (quello Incidentato).

 
Altri episodi secondari su questo fronte potrebbero ancora emergere, ma il più è fatto. E lo dimostra il milione e centomila pagine depositate in Tribunale a disposizione delle parti con tariffario che arriva a un massimo di 75mila euro, cifra - si spiega in procura - rigorosamente allineata alle tariffe decise dal ministero. La vera novità potrebbe innescarsi da una decisione del Tribunale sulla dichiarazione di insolvenza e l'emergere di un nuovo reato: bancarotta. Ma siamo nell'alveo delle ipotesi. Di certo la liquidazione coatta decisa il 25 giugno cambia le carte del sequestro per 106 milioni chiesto in maggio e bloccata dal gip. Un sequestro chiesto nei confronti della banca (anzi, la ex banca) - tra gli indagati come gli ex vertici - che oggi, con la liquidazione, non ha più molto senso: si andrebbe a colpire di fatto i cittadini e lo Stato che hanno contribuito al salvataggio.

L'impressione degli inquirenti in ogni caso è che si sia di fronte a un sistema che va avanti da almeno una decina di anni imperniato sui finanziamenti baciati ma non solo: tra lettere di riacquisto, storni di interessi, agevolazioni il piatto dei bluff era ricco. I periti della procura Lara Castelli, Gaetano Parisi e Roberto Tasca nel loro lavoro hanno individuato 965 soggetti che hanno beneficiato dei finanziamenti baciati - prestiti della banca a soci per comprare azioni dello stesso istituto - per un controvalore di 1031 milioni, cifra che secondo le regole Bce lievita a 1086,9 milioni. In riferimento all'aumento di capitale del 2013, i periti della procura hanno riscontrato che su 506 milioni di aumento ben 143 milioni erano stati finanziati dalla stessa banca. Nel 2014 su 607,8 milioni l'ammontare baciato era di 136 milioni. Il patrimonio ai fini della vigilanza era molto più basso del dichiarato, la presunta solidità raccontata in tutte le sedi ufficiali, molto limitata.

E anche le prospettive di sviluppo e il valore delle azioni sarebbero stati gonfiati. Come ha dichiarato a verbale un alto dirigente di allora, l'ex vice direttore generale Adriano Cauduro: «Gli obiettivi stabiliti nei piani industriali e nel budget annuale, a partire dal 2008-2009, erano per natura irraggiungibili, obiettivi irrealistici, o quantomeno molto ambiziosi». Un'ambizione pagata cara da 118mila azionisti e non solo.
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