Fiction "Di padre in figlia", qualche svarione, ma le riprese sono un inno al Veneto

Giovedì 27 Aprile 2017
Cristiana Capotondi con le sorelle della fiction: la rossa che ha studiato segna la riscossa della famiglia
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BASSANO - (Cs) Un colpo di pistola ha chiuso la terza puntata. Il fumettone "Di padre in figlia" su Rai Uno ha regalato belle immagini di Bassano, Marostica e dintorni. Le città "ricostruite" in salsa anni '60-'70, con scorci appropriati per non riprendere i pezzi di nuovo arrivati nei decenni successivi, sono apparse molto belle, in particolare piazza Libertà e i portici con un caffè dislocato alle Colonne, via Matteotti e il municipio, il Terraglio destinato a stazione delle autocorriere (ma i pullman di quegli anni erano di un azzurro diverso, per chi se li ricorda), gli scorci del Brenta e gli interni del museo. Perfino una ripresa del ponte, molto stretta, pavimentato da un tavolato nuovo e inedito per non far vedere i lastroni lignei pre lavori. Bella anche piazza Castello a Marostica, anch'essa destinata a fermata delle corriere (ma anche quella allora, se la memoria non inganna, era sotto le mura). Spuntati diversi volti noti per chi risiede in città, tra tutti da citare Jacopo Poli in veste di operaio della distilleria (che è la sua nella realtà) di Schiavon dove la fiction pone la sede della fabbrica di grappa Franza & Figlio.
 


Per riassumere il viaggio dell'imprenditore a Vicenza con il figlio evidentemente non si è trovata una strada che fosse col sapore d'antan, per cui il regista Riccardo Milani ha optato per la stradina di poche centinaia di metri che passa davanti a villa Angaran Bianchi Michiel, tra muretti a secco e ciuffi d'erba: chi la conosce ha capito che l'auto l'ha solcata più volte avanti e indietro per le riprese necessarie. Stralci di dialoghi hanno anche fotografato una realtà bassanese diversa da come la sanno i bassanesi, ad esempio un attore spiega di voler andare via da quella cittadina del nord "fredda e piena di nebbia": in realtà una costante di Bassano è stata per lunghi decenni l'assenza quasi totale della nebbia. Improbabile anche l'insegna de L'Unità sull'edicola del centro, mentre bella la scena in cui le informazioni i bassanesi le leggono sul Gazzettino.

La trama disegna una cittadina pruriginosa, cattolica ma con tanto amore fatto soprattutto di storie extrafamigliari, una sorta di riedizione dei temi del trevigiano "Signore e signori", mentre le unioni ufficiali zoppicano parecchio. Poi il figlio di Giovanni, Antonio, entrato in azienda trascinato dal padre e diventato businessman a sua insaputa (lui sognava viaggi in India), dopo varie sconfitte sentimentali e negli affetti combina il pasticcio affidandosi alla mala per evadere le tasse. Piomba la Guardia di Finanza in azienda, è un momento nero che si conclude con il suicidio del giovane che vede crollare il mondo intorno, stroncato dal padre che gli aveva dato fiducia. Sarà l'eterno femminino a salvare famiglia e azienda: le sorelle sparse e disperse sia fisicamente che psicologicamente, guidate da Cristiana Capotondi alias Maria Teresa, ritroveranno l'unità e faranno vedere loro come si risolleva un'azienda storica. Ma è storia della quarta puntata, in onda martedì 2 maggio. Intanto sui social continua il ping pong di chi s'indigna per la presunta brutta immagine che il filmato Rai riversa sulla città.
Ma questa è la fiction, bellezza.

Ultimo aggiornamento: 28 Aprile, 22:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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