SPOLETO - «No ai funerali in chiesa, sì alle celebrazioni eucaristiche di suffragio nei giorni a seguire». Se l’Archidiocesi di Spoleto e Norcia è stata finora l’unica in Umbria a dettare nuove restrizioni per i funerali, impedendone di fatto il consueto svolgimento, c’è chi punta l’indice contro quella che, a prima vista, potrebbe sembrare un’incongruenza.
LA DECISIONE
Un passo indietro è d’obbligo. Dal 9 novembre scorso, l’arcivescovo Renato Boccardo, che è anche presidente della Conferenza Episcopale Umbra, ha messo nero su bianco alcune nuove disposizioni, dettate – come è specificato nell’annuncio – dall’aggravarsi dell’emergenza sanitaria. Disposizione perentoria e articolata che, sul punto dei funerali, recita: «Fin quando non verrà comunicato diversamente, su tutto il territorio diocesano i funerali si tengano unicamente al cimitero, in un’area aperta, seguendo quanto previsto dal cap. IV del Rito delle Esequie (pp. 129-139). Nelle epigrafi si chieda di specificare: “La partecipazione alle Esequie è riservata ai soli famigliari”. Raccomando a tutti i Sacerdoti di porre la massima cura nel predisporre questo momento di preghiera, annunciando sempre la speranza pasquale e prevedendo una celebrazione eucaristica di suffragio appena le condizioni lo permetteranno».
IL MOTIVO
Perché? Non solo per l’aggravarsi dell’emergenza sanitaria, a quanto pare. A dettare la decisione dell’arcivescovo sarebbe stato anche il pressing crescente di diversi sacerdoti, in difficoltà nella gestione degli ingressi in chiesa, contingentati per via delle prescrizioni sanitarie. «Le chiese – è stato chiarito – dispongono di un numero limitato di posti, espressamente indicato all’esterno, ma che non sempre risponde puntualmente all’esigenza del momento. Non tutte le parrocchie, poi, dispongono di un’organizzazione adeguata, soprattutto a livello logistico, per far rispettare le regole ed evitare che si creino assembramenti».
PRETI ANTIASSEMBRAMENTO
I preti, insomma, in questi mesi si sarebbero ritrovati più volte costretti a vestire gli improbabili panni di pastori anti-assembramento, ruolo decisamente scomodo, soprattutto in situazioni di particolare fragilità emotiva come i funerali. Quella dell’ultimo addio, del resto, è generalmente la celebrazione religiosa più partecipata e dover stabilire chi abbia più o meno diritto a entrare in chiesa rappresentava un elemento di imbarazzo. Un’incombenza, peraltro, impossibile da demandare ai familiari, vista la delicatezza del momento.
LE REGOLE
Una riflessione è d’obbligo: se i partecipanti, in questi mesi, fossero stati capaci di autoregolamentarsi o, più banalmente, di rispettare le regole, evitando assembramenti e indossando le mascherine, sarebbe stato necessario arrivare a tanto? Forse no. Il naturale abbassamento delle temperature, poi, ha ulteriormente limitato la possibilità di celebrare il funerale, laddove possibile, all’aperto: «Disposizione più che necessaria», ribadiscono dalla Curia.
IL DUBBIO
Ad alcuni resta però il dubbio: «Teoricamente, non si potrebbero creare gli stessi assembramenti di un funerale all’indomani, quando è nota la celebrazione di una messa di suffragio?». Per i religiosi la differenza è sostanziale: «l’assenza del feretro in chiesa dosa decisamente la partecipazione».