Chiunque tentasse di mettere sul banco degli imputati la Ferrari dopo le prime 8 corse del 2022 farebbe la figura del giustizialista.
Così, mentre la Red Bull affilava le armi, il Cavallino andava in affanno con qualche vistosa crepa nell’affidabilità, soprattutto della power unit, e sull’armonia dell’atmosfera ai box. Cosa sta succedendo? Niente di irreparabile. Almeno finora. I massimi protagonisti del team, specialmente quando l’adrenalina è a mille, reagiscono in base al loro carattere e alla loro età, all’esperienza e alle aspettative. E possono portare ad interpretazioni diverse. Molto diverse. Cerchiamo di analizzare lo scenario e i relativi stati d’animo. Il predestinato, ormai si sa, è un purosangue di razza. Quando bisogna fare un passettino indietro non ascolta nessuno e la vista diventa rossa. Il suo stato di forma arruale è sublime, i galloni di capitano se li è andati a prendere sul campo facendo polpette di Carlos che l’anno scorso lo aveva preceduto in classifica a fine Campionato. Otto gare, otto partenze in prima fila e sei pole.
Sainz, per cercare di rispondere, è andato in tilt, commettendo anche errori banali. Qui sta l’altra difficoltà di un team principal di F1 che non si deve limitare solo a curare la forma delle macchine, ma anche preservare l’equilibrio di giovani ragazzi che rimbalzano in tutto il mondo e non sanno digerire di passare dalle stelle alle stalle. Mattia deve pompare lo spagnolo, che ha perso se stesso sembrando un driver di sere B rispetto al compagno di squadra, e togliere pressione a Charles che giustamente si sente invincibile. Il monegasco crede di essere di un altro livello e pensa di stare su un pianeta tutto suo, dove la mancanza di perfezione non è tollerata. Leclerc ha già vissuto una breve parantesi di una Ferrari rampante. Era il 2019, aveva solo 21 anni, non guardava nemmeno il compagno Vettel 4 volte campione del mondo e si lanciava all’assalto di Hamilton senza un filo di rispetto e nemmeno di paura.
Due capolavori di fila, a Spa e a Monza, i templi della velocità. Il galletto, però, fa la voce grossa e, comprensibile per le delusioni delle ultime 3 gare finite nel modo peggiore, usa le parole come una clava non facilitando il compito di Binotto che deve trovare spiegazioni all’impiegabile. «Voglio bene a tutti, ma la squadra mi deve aiutare», ha tuonato nel salotto di casa dopo essere arrivato ultimo dei 4 moschettieri nonostante partisse dalla pole. A Baku è stato ancora più irriverente: «Avrei tante cose da dire ma è meglio stia zitto». Sparare così sulla squadra non ha fatto piacere a Binotto che, forse per la prima volta, già infastidito per aversi dovuto cospargere il capo di cenere, ha risposto per le rime: «Quando Charles ha avuto il problema era in testa per una scelta indovinata del team. Forse non sbagliamo sempre...».
Il figlio d’arte di Madrid predica compattezza ed unità, ma il questa fase in cui sembra un pugile suonato (con la Rossa è staccato in classifica da Russel con quel paracarro della Mercedes) non ha molti proseliti. Ora si vola in Canada e bisogna ritrovare serenità perché nel paddock anche le farfalle hanno le pinne. Sentite Wolff che, da quando non vince più a raffica, va in giro a buttare benzina sul fuoco: «La Ferrari non è affidabile e noi sì? Che mi prendete in giro, andiamo così piano che è impossibile rompere la macchina...». Usa pure i suoi gioielli per dare un cartone ai rivali.