​La triste fine dell'orsa Daniza, uccisa con il sonnifero: l'ultimo articolo scritto da Folco Quilici per il Messaggero

Sabato 24 Febbraio 2018 di Folco Quilici
La triste fine dell'orsa Daniza, uccisa con il sonnifero: l'ultimo articolo scritto da Folco Quilici per il Messaggero
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Riproponiamo il bell'articolo che Folco Quilici firmò sulla prima pagina del Messaggero il 12 settembre 2014, all'indomani della morte di Daniza, l'orsa uccisa da un sonnifero in Trentino. 

Un mio zio, benché ufficiale di Marina, amava la montagna.

E trascorreva in una tenda le vacanze tra le balze rocciose del Parco d'Abruzzo. Lo fece per anni e più volte incontrò un orso marsicano; più volte ne udì qualcuno che, a pochi passi da lui, raspava tra i resti di una sua cena. Nessuna paura, anche se spesso, negli anni, uno di questi affamati carnivori era stato ucciso. Ucciso magari da una fucilata, colpevole d'aver utilizzato unghie e denti per sfamarsi con una pecora. «Quell'orso aveva ragione – sentenziava mio zio – ma il pastore non aveva torto».
 
 

Ricordo questo ascoltando la notizia dal Trentino, dove una vicenda di orsi e colpi d'arma da fuoco è ben diversa. Mi commuovo per la sorte dell'orsa-mamma uccisa per incapacità di utilizzare un anestetico, ma non mi unisco con identiche parole al coro di animalisti, ecologisti, e al resto dello schieramento giustamente indignato per l'accaduto. Voglio intervenire soprattutto per mettere in risalto due punti, di cui poco si evidenzia l'importanza. Innanzitutto la colpevole fucilata al veleno.

Anche ammettendo (non io) fosse indispensabile sparare per addormentare quell'orsa, possibile si debba ricorrere al fucile e per di più compiere un madornale errore di dosi così da uccidere? A questo interrogativo fa seguito l'obbligo di sottolineare la discutibile professionalità di chi è incaricato di difendere lo scarso patrimonio faunistico del nostro Paese; il “Corpo” incaricato di difenderlo dev'essere di gran lunga più numeroso e pronto a operare e a reagire con competenza. Il secondo punto da tenere ben presente, non solo per l'attualità ma anche per il futuro, tocca un aspetto della vicenda che mi sembra pochi abbiano sottolineato. Ovvero la notizia relativa alla sorte dei cuccioli superstiti. Leggo che sono «lasciati liberi per crescere in libertà».

Ma questa è pura follia o profonda ignoranza! Dei cuccioli abbandonati a se stessi, improvvisamente privi non solo dell'affetto ma della protezione e sostentamento della madre, sono condannati. Non possono ancora sapere come sopravvivere. Nel caso chi dirige questa emergenza in loco, scegliesse una simile soluzione, avrebbe una responsabilità più grave e imperdonabile di chi ha premuto il grilletto. Lo zio marinaio amante della montagna e dei suoi orsi ne sarebbe indignato. Così come lo sono, oggi, tutti coloro che, senza fanatismo e isterismi, continuano a sperare in una convivenza sempre più difficile. Ma sempre più importante, da proteggere e conservare. Senza pallottole avvelenate.

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