Bud Spencer intervistato dal Messaggero: «La morte non mi fa paura: da cattolico provo curiosità»

Martedì 28 Giugno 2016 di Nicole Cavazzuti
Bud Spencer non temeva la morte. Anzi. Ne era attratto. «La morte non mi fa paura: da cattolico, provo curiosità».

Bud Spencer non temeva la morte. Anzi. In un certo senso ne era attratto. «La morte non mi fa paura: da cattolico, provo curiosità, piuttosto», ci disse meno di due anni fa. Curiosità?
«Sì, curiosità di sbirciare oltre, come il ragazzino che smonta il giocattolo per vedere come funziona. Naturalmente è una curiosità che non ho alcuna fretta di soddisfare, ma non vivo nell’attesa e nel timore. Una canzone che racchiude bene la mia filosofia: “Futtetenne”, ovvero fregatene». Terminava così una delle ultime interviste che l’attore ha rilasciato in occasione del lancio della sua terza opera letteraria, “Mangio ergo sum”, scritta a quattro mani con Lorenzo De Luca, edito da NPE, con prefazione dell’amico Luciano De Crescenzo. Carlo Pedersoli-Bud Spencer aveva quasi 86 anni quando si mise a nudo al telefono a tutto tondo e senza filtri. Ex campione olimpico di nuoto, primo italiano a scendere sotto il minuto sui cento stile libero, nonché tra gli attori più amati dal pubblico con oltre 120 film alle spalle -16 in coppia Terence Hill-, già nel 2014 escludeva l’idea di tornare sul set. «Ormai è un capitolo chiuso. A 85 anni, del resto, è inevitabile patire qualche piccolo problema di salute...». Ed ecco che cos’altro ci raccontò.
 

 


In curriculum vanta ben 128 film. Il suo preferito?
«Sicuramente “...Più forte ragazzi”, dove io e Terence Hill interpretavamo due piloti d’aereo. Dopo quell’esperienza decisi di prendere il brevetto di volo di aeroplano e, in seguito, di elicottero. Oggi, per via dell’età, non volo più, ma ho alle spalle ben 3 mila ore di volo in aeroplano e 500 ore in elicottero. Ho anche fondato una compagnia aerea, la Mistral Air, attiva dal 1984. Era molto piccola, con appena tre aeroplani. Di fatto, l’avventura durò poco perché non la potevo supportare».

E come ci arrivò, al cinema?
«Dovete sapere che mia moglie Maria è figlia di uno dei più grandi produttori del cinema italiano, Peppino Amato. Se avessi voluto fare l’attore, quindi, avrei potuto rivolgermi a mio suocero. Ma non mi ci avevo mai pensato! Fu Giuseppe Colizzi a contattare mia moglie, quando ormai suo padre era morto da qualche anno: cercava un protagonista della mia stazza da affiancare a Terence Hill in “Dio perdona... io no!”. Curioso come sono, mi sono presentato al casting. Era il 1966, il resto della vicenda è noto».

La ragione del longevo successo della coppia Bud Spencer- Terence Hill?
«Siamo stati i primi a declinare il western in chiave comica: nei nostri film non c’erano mai morti, né scene di sesso o di violenza, solo tanti cazzotti. Così abbiamo conquistato anche famiglie e bambini».

Sta insieme a sua moglie Maria da 55 anni...
«Diciamolo: Maria è un carro armato! Complementari e sempre affiatati, non abbiamo mai litigato in modo serio in vita nostra».

E come si fa?
«In amore occorre essere sicuri dei propri sentimenti e mettere in conto che è impossibile sapere se l’altro ti ama davvero o meno».

In un’intervista ha detto di non avere più ambizioni. Perché?
«Perché ho fatto davvero di tutto, tranne il ballerino classico e il fantino».

Come nasce l’idea di “Mangio ergo sum”?
«Dalla mia sincera passione per il cibo e per la filosofia. Adoro mangiare e per questo non ho mai seguito una dieta, nonostante sia arrivato a pesare anche 156 kg. Inoltre, mi sono sempre dilettato nella lettura dei filosofi: da Platone ad Aristotele, da Cartesio a Kant. Nel libro mi immagino costretto dal medico a stare a stecchetto per un paio di settimane, un vero calvario! La sera, mentre mi rigiro nel letto per colpa della fame, mi vengono a trovare i maggiori filosofi per un dialogo divertente, ma allo stesso tempo profondo. Il titolo è un chiaro riferimento a Cartesio, che ha rivoluzionato la storia del pensiero dicendo “cogito ergo sum”, ovvero “penso, dunque sono”. Ma io credo che sarebbe più corretto affermare: “Mangio, dunque sono”, perché non solo siamo quello che mangiamo, ma se non mangiamo non siamo e non pensiamo».
 

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