Niente più sorprese in farmacia. Se un farmaco non c’è, presto il paziente potrebbe saperlo prima di lasciare lo studio del medico di famiglia.
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L’ALLARMISMO
«L’allarmismo che si è generato intorno alla carenza di farmaci ha infatti spinto molti a fare scorta, cioè a comprare medicine anche senza averne bisogno, lasciando le farmacie sfornite di farmaci per chi ne ha davvero bisogno», aggiunge.
Allo scopo di prevenire il cosiddetto «effetto scorta» si procederà anche a una revisione dell’impianto della lista dei farmaci carenti, già discussa e concordata dal ministero della Salute con gli attori interessati. «Si provvederà a escludere dalla lista principale tutti i farmaci la cui carenza non è di significativa importanza e di evitare così falsi allarmi», dice Gemmato. «Degli oltre 3.000 farmaci elencati nella lista dei carenti Aifa, solo circa 300 sono privi di equivalenti, e quindi inseriti nella lista dei prodotti importabili su richiesta delle strutture sanitarie, e solo 30 sono i farmaci carenti per cui non esistono alternative - aggiunge -. È chiaro che una comunicazione diversa delle carenze avrebbe un impatto meno allarmistico sulla popolazione». Tuttavia, è altrettanto vero che la «tempesta perfetta» - influenza, Covid e altri virus e batteri stagionali - ha avuto un impatto eccezionale sulla disponibilità di farmaci in Italia, ma anche nel resto d’Europa. «Questa consapevolezza - sottolinea Gemmato - ci sta spingendo a valutare soluzioni che ci consentano di rendere il nostro paese più autonomo rispetto alla produzione e distribuzioni di farmaci. Uno dei temi che affronteremo nella prossima riunione del Tavolo sarà quello di coinvolgere l’industria nell’individuazione di scelte politiche strategiche che possano incentivarle a produrre sul nostro territorio, in modo da renderci meno “vulnerabili” a future carenze». Tra i fattori di «vulnerabilità» dell’Italia e dell’Europa c’è infatti la dipendenza nella produzione di alcuni principi attivi e materie prime. «E’ essenziale prepararsi a eventuali blocchi delle forniture dall’estero e, quindi, rendersi autonomi», sottolinea Gemmato. «Durante la prima fase della pandemia - continua - la solidarietà internazionale ha funzionato poco. Pensiamo all’indisponibilità di inviare mascherine al nostro paese. Questo ci spinge ad aprirci all’idea di renderci quanto più possibili autonomi ed è anche su questo che ci metteremo a lavoro».