Uccisa e fatta a pezzi a Roma, il fratello: «Lei mi umiliava e non la sopportavo più, volevoucciderla da mesi»

Venerdì 18 Agosto 2017
Uccisa e fatta a pezzi a Roma, il fratello: «Lei mi umiliava e non la sopportavo più, volevoucciderla da mesi»

L'OMICIDIO
ROMA «Lei mi umiliava e non la sopportavo più, mi maltrattava sempre. Era aggressiva, è arrivata a prendermi a schiaffi, a offendermi davanti a mio figlio. Voleva decidere tutto della mia vita, comandava su ogni cosa. Mi dava ordini in continuazione. Pulisci la casa, porta fuori il cane. Mi diceva cosa dovevo fare e come dovevo farlo». L'ultima volta il 14 agosto. Nicoletta è appena tornata da un viaggio in Svezia, in casa c'è il fratello. Lei ricomincia con lo stesso tono, Maurizio metti a posto, Maurizio che fai?, Maurizio, il cane. «Riprende a darmi ordini, come sempre, e io non ce la faccio più a sentirla. Va in bagno e aspetto che esca. Appena mi raggiunge in salotto l'aggredisco». Stringe la cintura intorno al collo della sorella, finché il respiro non si sente più. «L'ho deciso in quell'istante, è stato un raptus», ma era da tempo che ci pensava, «due mesi». Il corpo di Nicoletta Diotallevi, 59 anni, è sul pavimento. Il fratello Maurizio, 62, stende a terra i sacchi dell'immondizia per non sporcare il tappeto e comincia a segare, per ore, usa anche un coltello della carne. Pulisce la casa al pianterreno di via Guido Reni 22b, quartiere Flaminio a Roma, con accuratezza, spariscono quasi tutte le macchie di sangue. E quando è sera esce a buttare i sacchi con il corpo della donna, uno in un cassonetto a viale Maresciallo Pilsudki, ai Parioli, e altri due sotto casa. «E adesso, che penserà mio figlio di me? Mi dispiace per lui».
LE VESSAZIONI
Dopo dieci ore di domande, davanti agli investigatori della squadra mobile di Roma guidata da Luigi Silipo, Maurizio Diotallevi, consulente di web-marketing senza lavoro, ammette di aver ucciso la sorella Nicoletta, baby-sitter, colf e insegnante di yoga, e spiega perché. Racconta quel pomeriggio passato a tagliare e pulire, nel condominio quasi deserto di via Reni, ricostruisce gli spostamenti e il giro tra i cassonetti per sbarazzarsi del corpo. Parla di una storia di «vessazioni», di un rapporto malato con la sorella, lei a comandare e lui a obbedire, costretti a vivere per necessità nella stessa casa, da anni e anni. Un racconto «lucido» per gli investigatori. Questa mattina ci sarà l'udienza per la convalida del fermo davanti al gip Anna Maria Fattori. Al momento la Procura contesta a Diotallevi, difeso dall'avvocato Gaetano Scalise, il reato di omicidio volontario aggravato dalla parentela e occultamento di cadavere. Il pm Marcello Cascini potrebbe anche valutare l'ipotesi della premeditazione.
I SOLDI
Diotallevi a 24 ore dalla confessione è «sconvolto», realizza quello che ha fatto, chiede del figlio, si tormenta al pensiero della reazione di Giacomo, 19 anni, che non vive con lui da quando ha divorziato ma che vede sempre, l'ultima volta il ragazzo è andato a trovare il padre un paio di settimane fa. «Che penserà adesso di suo padre?», ripete. «Come reagirà a tutto questo?». Pochi soldi in casa, ma non era tanto quello ad avvelenare il rapporto tra i fratelli. Maurizio e Nicoletta affittavano alcune camere dell'appartamento ereditato dal padre ufficiale dell'esercito per tirare avanti. Lui non guadagnava più, lei si dava da fare con lavoretti. «Mia sorella voleva gestire tutto, anche i soldi che ci arrivavano con il bed and breakfast. Io non toccavo un euro ed ero costretto a chiedere a lei, per ogni cosa. Mi trattava come un bambino e dovevo obbedirle». Da qualche tempo avevano preso un cane, somigliava tanto al barboncino che c'era in casa quando i fratelli Diotallevi erano giovani. «Che ti sei fatto lo stesso cane, Maurizio?», aveva scherzato un vicino del primo piano. Li conoscono tutti i fratelli Diotallevi (la terza Maura, la più giovane, ha 55 anni e abita in tutt'altra zona) nel condominio di via Reni. «Ma mai abbiamo sentito litigi, mai sospettato che ci fossero problemi tra i due». E invece, adesso, il cane era una lite in più. Nel silenzio dell'appartamento di cento metri quadrati acquistato dalla vedova dell'ufficiale Diotallevi nel 2004, era cresciuto l'odio di Maurizio per Nicoletta, giorno dopo giorno. Al punto che già da due mesi pensava di ucciderla. «Ma poi è stato un attimo». L'ha strangolata con al cintura e per farla a pezzi ha utilizzato due seghe. «La prima si è rotta e parte della sega è rimasta conficcata nella gamba. Ne ho presa un'altra e anche un coltello da cucina». I primi risultati dell'autopsia confermano la versione del fratello: Nicoletta è morta per strangolamento, non ci sono segni di arma da fuoco sul corpo. Maurizio pensava di sbarazzarsi del cadavere mettendolo in un sacco, sarebbe stato troppo pesante.
E allora ha deciso di farlo a pezzi e trasportarlo in due enormi buste. «Volevo gettare tutti e due i sacchi in viale Pilsudki». C'è il video che riprende Diotallevi mentre scende dalla macchina con un sacco sulla spalla e lo lascia cadere nel cassonetto. Ci prova anche con l'altro, ma è troppo pesante, non ce la fa. «Allora ho deciso di gettarlo in via Guido Reni dove c'è un cassonetto in parte inclinato ed è più facile». La sera di Ferragosto in viale Pilsudski una nomade rovistando tra i rifiuti trova le gambe della donna e si mette a urlare. La mattina dopo in via Reni gli agenti scoprono il sacco con il busto e sempre lì vicino i vestiti. Il giallo è praticamente già risolto.
Maria Lombardi
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Ultimo aggiornamento: 15:22