Stuprate dai rom a Roma, il fratello maggiore di Alessio il Sinto condannato per «traffico di schiave»

Domenica 5 Novembre 2017
Stuprate dai rom a Roma, il fratello maggiore di Alessio il Sinto condannato per «traffico di schiave»
C'è un'altra macchia nel passato della famiglia Seferovic, quella del ventunenne Mario, alias Alessio il Sinto, finito in manette venerdì insieme a Maikon Halilovic, per aver violentato due quattordicenni romane. È l'inchiesta choc della procura di Roma sulle mogli schiave, importate dalla Romania e vendute ai rom del campo di via Salone, dove i Seferovic e gli Halilovic si dividono roulotte e container. Tra gli acquirenti, uno dei fratelli di Mario, Ibraim, 30 anni. In febbraio è stato condannato a tre anni di reclusione con l'accusa di riduzione in schiavitù insieme ad altre sei persone, che dovranno scontare pene che arrivano fino a sei anni di carcere. Sul banco degli imputati era finita pure la madre dei due, Ferida, ma è stata assolta. «Le accuse verranno ridimensionate in appello anche per Ibraim - ha precisato l'avvocato Amalia Capalbo, che assiste i Seferovic - è ancora sposato con la stessa donna che lo accusano di aver vessato. Hanno avuto due figli».

LA TRATTA
Per la procura, invece, quella compravendita di mogli provenienti dall'Est era una vera e propria una tratta. Le donne venivano selezionate in Romania da Eduard Ioan Tudor, classe 1956. Vivevano in condizioni precarie, non sapevano come mantenere le famiglie. Lui le ingannava, promettendo loro un lavoro onesto in Italia. In realtà, una volta arrivati a Roma, dopo un viaggio in auto lunghissimo e dopo aver stordito le donne con droghe e sonniferi, Tudor le consegnava agli acquirenti: alcuni rom di via Salone che le compravano come mogli e, per l'accusa, le trattavano poi come schiave. Nell'insediamento, all'estrema periferia Est della Capitale, le attendevano i futuri mariti, di età compresa tra i 18 e i 27 anni: Ibrahim Seferovic, Denis e Steve Halilovic, tutti e tre condannati.

LA COMPRAVENDITA
Per la pm Cristiana Macchiusi, titolare del fascicolo, hanno pagato le spose tra i tremila e i quattromila euro. La cifra più alta sarebbe stata corrisposta per una minorenne. Condannato anche Halilovic padre, Alessandro, accusato di aver vessato le giovani nuore, obbligate a non allontanarsi dal campo, a concedersi ai compagni, a tirare a lucido ogni giorno le roulotte e le baracche. In caso di ribellione, gli imputati avrebbero usato le maniere forti, picchiando e minacciando le ragazze che in Romania avevano dovuto abbandonare i loro figli, convinte di costruire in Italia un futuro migliore. Una di loro, devastata, aveva tentato il suicidio. Le vittime erano costrette a vivere in «una situazione di vulnerabilità, di inferiorità psichica, senza conoscere la lingua, né avere soldi», si legge negli atti della procura. L'inchiesta era culminata nel 2015 con l'arresto degli aguzzini, eseguito dai carabinieri e dalla polizia municipale. Lo scorso febbraio, la condanna in primo grado dopo un processo condotto con rito abbreviato di fronte al gup Fabio Mostarda. «Uno degli imputati che è attualmente ai domiciliari ha avuto recentemente il permesso di riconoscere il figlio avuto da una delle presunte vittime. Queste donne, anche dopo l'inchiesta, non sono fuggite», ha aggiunto l'avvocato Capalbo.