Roma, militare si spara nel bagno della metro: problemi familiari all'origine del gesto

Venerdì 2 Febbraio 2018 di Maria Lombardi e Elena Panarella
Roma, militare si spara nel bagno della metro: problemi familiari all'origine del gesto
L'hanno trovato in bagno, con la pistola ancora in mano. La mimetica addosso, schizzi di sangue sulle mattonelle. Uno sparo nella stazione Barberini della metro A, poco prima delle dieci del mattino. Un caporal maggiore di 29 anni del Reggimento Bersaglieri ha rivolto la Beretta calibro 92 contro se stesso e ha premuto il grilletto. Era in servizio nella metropolitana, aveva montato alle 7 del mattino (avrebbe terminato il turno alle 13). Le telecamere di sorveglianza l'hanno ripreso mentre entrava nel bagno da solo. Lascia la moglie e un figlio di tre anni, a Taranto, la sua città.

LE TELECAMERE
La stazione Barberini è stata immediatamente chiusa per consentire i rilievi degli investigatori fino alle 16,30 del pomeriggio. Tutti gli ingressi bloccati, i treni circolavano ma non facevano sosta lì. I passeggeri sono stati dirottati nelle altre stazioni, Spagna o Repubblica. «Che è successo?», chiedeva chi si trovava le inferriate sbarrate. «Non possiamo dirlo, nessun allarme attentati comunque», rispondevano gli addetti Atac. «Potete prendere la metro tranquillamente, ad un'altra fermata». Ma è stata grande la paura per chi si trovava al momento dello sparo nella stazione Barberini, le banchine sono state evacuate in fretta e i passeggeri hanno dovuto abbandonare la stazione velocemente, senza nemmeno capire perché.

LE INDAGINI
Il militare era in servizio a Roma da un mese circa, uno dei tanti uomini dell'Esercito coinvolti nell'operazione «Strade sicure». Il suo turno era cominciato alle sette, sorvegliava la stazione della metropolitana Barberini insieme a due colleghi. Si è allontanato per andare in bagno, il colpo alla testa esploso con la pistola in dotazione (l'arma che si prende all'inizio del turno e si riconsegna alla fine). Nell'ambiente chiuso il frastuono di quel colpo di pistola ha attirato l'attenzione di altri militari impegnati nella vigilanza antiterrorismo. La porta del bagno è stata forzata e sono stati prestati, dal personale dell'Ares 118, i primi soccorsi al soldato. Purtroppo per lui non c'era già più niente da fare.
Sul suicidio indagano i carabinieri della compagnia Centro e gli uomini del Nucleo Investigativo di via in Selci (non sarebbero stati trovati biglietti di addio né addosso al militare né in caserma). Da chiarire ancora le ragioni che hanno portato il caporal maggiore del Reggimento Bersaglieri di Cosenza a farla finita.

PAPÀ MODELLO
Era rientrato quest'estate da una missione all'estero. Sul profilo facebook, le immagini dell'uomo e del figlio, tutti e due in mimetica e berretto nero, fanno le flessioni su un prato. E tanti altri sorrisi e abbracci, il papà sempre stretto al suo bambino. Qualche tempo fa, parlando proprio del figlio, scriveva «mi sta facendo crescere tantissimo, grazie a lui sono un papà, con tantissime responsabilità addosso che mi permettono di maturare giorni dopo giorno».
Non si esclude che ci siano problemi personali o familiari all'origine del gesto «ma sicuramente nulla poteva far pensare a una simile tragedia», si lascia scappare un collega. «Un ragazzo perbene, garbato, rispettoso - aggiunge con un filo di voce - quella dell'Esercito era stata una scelta ponderata, voluta». Per tutta la mattina fino alla riapertura le uscite della stazione Barberini sono state presidiate. Una camionetta dell'esercito davanti all'hotel Bernini e auto dei carabinieri e della polizia municipale. Alcuni colleghi del caporal maggiore scendono le scale con gli occhi bassi, senza giubbotto antiproiettile e mitra, è un doloroso pellegrinaggio.
 
Ultimo aggiornamento: 11:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA