«Alloggio lo diamo a chi offre di più, chi non ha soldi per restare vada»

Martedì 18 Settembre 2018 di Michela Allegri
«Alloggio lo diamo a chi offre di più, chi non ha soldi per restare vada»

Finti contratti di lavoro come badanti, nullaosta falsi, timbri di uffici pubblici taroccati. «C’avemo in mano ‘a graduatoria, ce l’ho in mano io!», si vantava al telefono il dipendente comunale finito ai domiciliari. Sono le intercettazioni a raccontare come l’assegnazione degli alloggi popolari, a Roma, venisse fatta a suon di mazzette: «Ecco, io sto aspettà quello che offre de più», dice uno dei dipendenti Ater finiti sotto inchiesta. Per aggirare la burocrazia e scalare le liste di attesa, i sodali avevano pensato a tutto: creavano documenti falsi, taroccavano le autorizzazioni, contraffacevano addirittura i timbri e i certificati dell’Ente.

Ad occuparsi dei nullaosta falsi, per l’accusa, era Cristiano Longhi. Il gip Alessandra Boffi scrive che era abile «a contraffare i “format” dell’Ater», mentre Emanuele Giuliani, per il pm, avrebbe distribuito i documenti taroccati ai «committenti». L’anello di congiunzione tra i due passaggi, erano gli intermediari, che intascavano il denaro e si occupavano di effettuare sopralluoghi e cambi di serrature. Perquisendo gli alloggi, gli investigatori hanno sequestrato liste delle case da occupare, foglietti con indirizzi, copie di assegni. Sono le conversazioni captate a permettere agli inquirenti di ricostruire gli altri escamotage per pilotare l’assegnazione degli alloggi. Uno su tutti: fare passare gli occupanti come badanti. Ci vuole «Una giustifica, no? A meno che non fa ‘a badante», dice intercettata un’indagata. Un’operazione che poteva arrivare a costare fino a quattromila euro. Una dipendente del Campidoglio aveva il compito di controllare le liste di assegnazione per verificare se il raggiro fosse riuscito. Poi, scattava la chiamata agli occupanti: «L’amico nostro ha detto che è tutto a posto... adesso dicci tu qualcosa». Quindi, c’era l’appuntamento per la consegna dei soldi: «Ci prendiamo un caffè oggi».

LA COLLABORAZIONE
Una delle cose più importanti, per la banda, era garantirsi la collaborazione degli occupanti. «Je dovemo fa er discorso in pratica che se entra e prende una macchina - cioè una casa, ndr - c’è il discorso che continua a pagà l’affitto a nome della persona che c’era», dice uno degli indagati intercettato. Il gip traduce: «È importante spiegare, da subito, che la persona, una volta entrata nell’alloggio, avrebbe continuato a pagare l’affitto a nome del precedente affittuario». Le conversazioni sono eloquenti, per l’accusa. Come quando uno degli intermediari telefona a un dipendete Ater: «Ce l’averno qualcosa pe’ noi?», chiede, riferendosi alle case da occupare. Vuole un alloggio dove «entri senza niente... Senza fa il passaggio!», cioè senza fare il cambio di residenza. «Sì, sì, sì ce l’ho... so’ pieno», risponde il dipendente Ater. La scelta cade su un appartamento in via Pasquati, assegnato a un’anziana ricoverata da tempo in una clinica.

 

I sodali, specifica il gip, sono anche disposti a usare toni violenti per ottenere il denaro. Quando uno degli occupanti non ha 15mila euro da versare subito, i toni si riscaldano: «Lui dentro casa non ce deve sta, se non c’ha i sordi per starci non ce sta!». In un altro passaggio uno dei componenti del gruppo si raccomanda con l’intermediario di non accettare offerte inferiori ai settemila euro, cifra che avrebbe consentito un ampio margine di guadagno: «Allora tanto ho calcolato.. ‘no scudo pe’ te e parto da sette così i mille dumila euro me li pijavo io, capito?». In un’altra intercettazione, uno degli indagati si lamentava perché una delle persone a cui aveva fornito l’indirizzo di una casa da occupare non era stata gentile: «Mò ti dico! Il signor Rocco una casa dell’Ater la prende quando dico io! Dà i sordi che je dico io, se je sta bene, se no non pija neanche à residenza!». Gli occupanti, il più delle volte, si mostrano riconoscenti: «Quanno è finito tutto quanto tocca faje il regalo», dice uno dei “clienti”.

SPREGIUDICATEZZA
Per il gip, gli indagati hanno agito con «totale spregiudicatezza criminale». Circostanza evidente in una conversazione captata dagli investigatori: uno degli intermediari si raccomanda con il socio di vendere l’alloggio a chiunque avesse disponibilità di denaro: «Il primo che mi porta i sordi, j’a dò», dice, aggiungendo di avere mostrato la casa «a 3, 4 persone». Poi, conclude: «Me devi trovà minimo 2.000». Tradotto: servono «2.000 euro per bloccare l’alloggio».
 

Ultimo aggiornamento: 10:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA