Berdini, quel prof anarco-ambientalista che disse subito: è un pantano

Giovedì 9 Febbraio 2017 di Mario Ajello
Paolo Berdini
E' lo stadista di sinistra, ma diventato anti-stadio. E' un comunista d'antan, ma pure anarchico e in altri tempi - quelli della guerre ideologiche - una sua metà avrebbe sterminato l'altra. Il tipo è così, Paolo Berdini: personalità complessa, carattere fumantino, loquace gruppettaro con tendenza alla smentita e gusto del pulp. «Sparigliare per non morire», ecco il ruolo che s'era dato nella giunta Raggi. Ma la vocazione al disordine lo ha sprofondato.

Già dopo due mesi da assessore, aveva decretato quasi la fine di Virginia: «O usciamo dal pantano in cui siamo finit nel giro di appena sessanta giorni, o non abbiamo scampo». Già allora se la prendeva con Marra e con la Muraro, quasi al punto di voler chiamare la polizia («Io, mai stato un garantista») e insomma: «Quei due devono andarsene - avvertì a suo tempo il Berdini - perché sono i fili oscuri che imprigionano Virginia».

Fuori due, don Raffaele e l'ex assessora all'Ambiente, fuori il terzo, Romeo, sembrava essersi un po' rinfrancato il professore goscista da decrescita felice, no cemento, no grandi opere, no tav, con un passato nel Pci e simpatie per Rifondazione Comunista, che in queste tribolatissime ore agli amici ha parlato così: «Fuori un altro, cioè io? Ma non merito di essere cacciato. Non ho fatto niente». Però ha chiesto scusa dunque qualcosa deve aver fatto. Ha detto che Virginia aveva una relazione con Romeo? Sì. Ha osservato che il problema Raggi non è l'inesperienza ma l'incapacità? Sì. Ha descritto l'entourage del sindaco come una «corte dei miracoli» e una banda? Sì. Ma soprattutto, e questo è forse il punto insanabile di una rottura non più ricucibile, ha vantato grande amicizia con il giudice Ielo e ha fatto notare che per ben «otto ore» è durato l'interrogatorio del sindaco dai magistrati. Ossia è convinto, lo stadista di sinistra, che Virginia possa avere magari tante altre cose di cui la Procura vuole sapere e che i suoi problemi giudiziari potrebbero aumentare?

COABITAZIONE
La coabitazione in giunta, se le dimissioni davvero non ci saranno, non potrà che rivelarsi impossibile. Specie in presenza del macigno stadio. Su cui il pirotecnico prof agli inizi pareva favorevole, e dunque divento lo stadista, per poi raffreddarsi. Fino ad assumere una posizione incompatibile con la scoperta, da parte di Virginia, che Tor di Valle può servire a raccogliere consensi preziosi in una fase super-down. Il Berdini che pure viene da lontano - consulente all'assessorato all'urbanista del Lazio dal 1995 al 1999, segretario generale dell'istituto nazionale di urbanistica dal 90 al 92, dirigente Wwf, attivista di Italia nostra, protagonista con Italo Insolera delle battaglie della cultura di sinistra nella riqualificazione delle città - mai avrebbe immaginato di trovarsi immerso in una formula bizantina, le «dimissioni respinte con riserva», che neppure il politichese della Prima Repubblica arrivò a escogitare.

E ora la sua permanenza - fino a quando? - nella squadra della «strutturalmente impreparata», una perifrasi più marxista per dire come Sgarbi che Virginia è «depensante», sarà come le convergenze parallele: una sorta di strano surrealismo. Ma il tipo è uno che non si spaventa. E soprattutto, sa che per la Raggi sarà difficilissimo trovare qualcuno che lo sostituisca.

Egli ha vissuto con estrema naturalezza la vicenda che lo ha riguardato pochi giorni fa. Da stadista ex, affermò davanti ai militanti 5 stelle che gli sponsor dello stadio «l'hanno preso sui denti», ossia se lo sognano, e con tanto dolore gengivale. Poi scoppia la polemica, lui dice di non aver mai detto ciò che ha detto ma sbuca fuori la registrazione - proprio come adesso - e il Berdini non fa una bella figura. Il 21 ottobre scorso, sempre lui, durante un incontro con i comitati degli inquilini, attaccò un avvocato chiamandolo «pezzo di m....».

IL SOGNO
Fin dai primi passi della giunta Raggi, il prof aveva individuato nel funzionario Consob, Marcello Minenna, il suo interlocutore privilegiato. Sognavano di poter dare alla giunta un profilo più istituzionale, meno militante e non legato a Marra e ai suoi simili. Poi è andata come è andata. Mentre il volenteroso Paolo, entrato nella stanza dei bottoni, ha creduto di poterli anche schiacciare ma così non è stato. Sia pure circondato da gente diversa da lui, e poco ascoltato se non smentito nelle sue posizioni, ha cercato di dare un senso alla sua esistenza capitolina. Che forse continuerà, ma forse anche no, con questa modalità: capo cosparso di cenere e - per usare l'immagine cattivisticamente escogitata dal sindaco - ceci del pentimento sotto le ginocchia. Ma quando se li toglierà, avremo altre rivelazioni e nuove sorprese.
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