Caso Pell: il revisore vaticano si dimise perché il Papa voleva tagliargli lo stipendio

Sabato 1 Luglio 2017 di Franca Giansoldati
Caso Pell: il revisore vaticano si dimise perché il Papa voleva tagliargli lo stipendio
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CITTÀ DEL VATICANO Caduta la roccaforte della Segreteria dell’Economia con la rumorosa fuoriuscita del cardinale Pell - che torna in Australia per difendersi dalle accuse infamanti di pedofilia - Papa Francesco raccoglie i cocci di quattro anni di riforme economiche andate avanti a singhiozzo tra tentativi, scontri, errori, ritardi. Nel frattempo altre novità sono in pentola come l’allontanamento del prefetto della Congregazione per la Fede, il settantenne cardinale tedesco Mueller. Avendo terminato il suo quinquennio in curia Papa Francesco gli avrebbe dato il benservito comunicandogli di avere già pensato alla sua sostituzione. 

STIPENDI
Il siluramento è ricercare nella durezza con la quale il teologo tedesco ha contrastato le novità riformatrici del papato in corso, a cominciare dall’Amoris Laetitia.
Il primo segnale che ha simbolicamente ha anticipato l’azzeramento della squadra del cardinale Pell sono state le misteriose dimissioni del Revisore dei Conti, Libero Milone, avvenute due settimane fa, un professionista esterno chiamato da Pell per la certificazione dei bilanci i tutti gli organismi vaticani, Apsa, Propaganda Fide e Segreteria di Stato comprese, vale a dire il sancta sanctorum.

Ex Deloitte, Fiat e Telecom, con un curriculum lungo così, Milone è entrato a fare parte della squadra nel 2015 previo colloquio con il cardinale di Monaco, Marx, uno dei consiglieri di peso di Papa Francesco che fanno parte del C9. Lo stipendio accordato al Revisore dei Conti si sarebbe aggirato attorno a 20 mila euro al mese. Esentasse. Un compenso che per i costi medi del personale vaticano è elevatissimo sebbene in linea con i corrispettivi dei professionisti del suo calibro pescati dal mercato. Considerata la posta in gioco Milone viene assunto e riceve da Papa Francesco l’incoraggiamento a snidare le ombre dell’amministrazione d’Oltretevere.

Il lavoro procede ma ben presto iniziano gli scontri con la curia, amplificati dal suo modo di agire aspro, indifferente agli equilibri interni, alle suscettibilità dei capi dei dicasteri. Un elefante in una cristalleria. Alcuni lo avevano soprannominato “il Giustiziere” perché non guardava in faccia nessuno. Si racconta che sia riuscito persino a far pagare il costo di una cucina nuova a Mueller, il prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede. Il corso degli eventi è stato un susseguirsi di scontri e lamentele. La lista dei porporati che si sarebbero lagnati con Francesco è lunga. Ma è sullo stipendio che alla fine è saltato il banco. Pare che a Milone sia arrivata la richiesta del Papa a rinegoziare a ribasso il compenso. 

Lavorare per la Santa Sede implicherebbe una logica di servizio, di dedizione, di gratuità, anche in termini economici. La cosa impostata così non poteva funzionare. Davanti alla richiesta dell’auto riduzione dello stipendio, il Revisore dei Conti avrebbe fatto due conti e “consensualmente”, come poi è stato annunciato da un comunicato congiunto, si è risolto il rapporto di consulenza. Milone se ne è andato, anticipando così l’uscita di scena del cardinale Pell. Una sequela di fatti diversi ma tra sé collegati che ha messo a nudo l’impossibilità di fare convivere in curia sperequazioni retributive, vissute da tanti dipendenti come una ingiustizia nei loro confronti. 

Ora Francesco avrà l’estate a Santa Marta per pensare al da farsi. Mentre Pell il 26 luglio si presenterà davanti al tribunale di Melbourne. La stampa australiana riferisce che un magistrato deciderà il prossimo sei luglio se fornire all’opinione pubblica dettagli in merito all’incriminazione. 
Ultimo aggiornamento: 11:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA