Pinotti: «Il governissimo servirebbe a chi ci vuole deboli nella Ue»

Lunedì 28 Novembre 2016 di Marco Ventura
Roberta Pinotti
1
Sì o no. Qual è la posta in gioco? «La credibilità dell'Italia come paese riformabile», dice il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. «Sono almeno trent'anni che si vuole mettere a punto il sistema istituzionale superando disfunzioni evidenti come il bicameralismo perfetto. Tema che ritroviamo nel programma elettorale del Pdl insieme alla riduzione del numero dei parlamentari e al Senato federale e al primo punto del programma dell'Ulivo del 1996. La riforma Berlusconi fu bocciata dagli elettori perché prevedeva un rafforzamento eccessivo dei poteri del premier che qui non c'è».

L'Economist, che è per il No, evoca Mussolini
«Argomentazioni imbarazzanti. L'Economist ha utilizzato non la verità di quanto è scritto nel testo, ma il detto e sentito dire della propaganda del No. Qui non c'è il combinato disposto di riforma e legge elettorale, che il presidente del Consiglio si è impegnato a cambiare. E non c'è alcuna modifica dei poteri del premier, solo l'entrata a gamba tesa dell'Economist nelle questioni italiane come già in passato. Un curioso utilizzo di argomenti incoerenti, a cui forse non è estraneo il tentativo di screditare l'Italia. È anche paradossale dire che vanno fatte le riforme strutturali mentre per due anni si è giocato. Questa è la riforma delle riforme, precondizione di tutte le altre. Lo dimostra la sentenza della Consulta su quattro dei decreti attuativi della Riforma Madia: nonostante l'approvazione parlamentare in tutti i passaggi e il parere positivo della conferenza unificata, è bastato il ricorso di una sola Regione a bloccare il provvedimento. Così l'Italia non va avanti, torna sempre al punto di partenza. Altro paradosso è accusare di deficit riformista un governo che di riforme ne ha fatte tante, dalla pubblica amministrazione al jobs act e al libro bianco della Difesa».

Altri motivi per votare Sì?
«La lentezza del processo legislativo non consente oggi di avere leggi nei tempi utili per i cittadini. La riforma introduce tempi certi. Poi la stabilità. L'Italia ha avuto 63 governi in 70 anni, effetto di due platee e sistemi elettorali diversi, con entrambi i rami del Parlamento che votano la fiducia. Una instabilità congenita superata da questa riforma. Chi invoca le riforme strutturali dovrebbe sapere che queste non si fanno in pochi mesi o un anno, ma occorrono i tempi di una legislatura. La semplificazione significa poi anche mettere ordine nei poteri fra Stato e Regioni, e superare il contenzioso nelle materie concorrenti che in molti casi ha impedito di assumere decisioni in settori che richiedono indirizzi nazionali come infrastrutture, sanità, energia o turismo. Com'è possibile che un trasporto eccezionale attraversi 20 sistemi regolatori regionali? O lo screening oncologico non sia omogeneo in tutta Italia?».

Il referendum è sul merito o sul governo Renzi?
«Non è sul governo Renzi e non è neppure soltanto la riforma di Renzi, ma il frutto di trent'anni di lavoro sulla Costituzione di chi ci ha preceduto e ora vede la possibilità di concretizzare questo faticoso cammino. Oggi vedo un'attenzione maggiore sul merito rispetto all'inizio della campagna referendaria. Se vincerà il No? Il sole sorgerà ancora, ha detto Obama dopo il voto negli Stati Uniti. E il sole continuerà a sorgere dopo il 4 dicembre. Certo, però, oggi il governo c'è, è ben presente, è credibile e quando serve alza la voce in Europa. La vittoria del No ci farebbe tornare al punto di partenza come nel gioco dell'oca. E ci troveremmo con due leggi elettorali diverse tra Camera e Senato. Ovviamente nel 2018. Quindi il rischio di instabilità e di un ritorno al passato c'è. Bisogna essere chiari ma senza drammatizzare».

In caso di vittoria del Sì, Renzi sarà tentato di andare al voto?
«Nel 2017, il 25 marzo, in Italia si celebrerà l'anniversario della firma dei Trattati di Roma. Ci sarà il G7 a maggio, saremo membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Non credo che Renzi vorrà perdere queste opportunità che ha il paese solo per un calcolo elettorale».

Il Movimento 5 Stelle ha ancora un grande consenso
«Non seguiremo i 5 Stelle nel loro soffiare sul populismo o sulla paura del futuro. E non ho ancora capito quali siano le loro proposte di governo, per esempio sulla difesa e sulla sicurezza, i temi di cui mi occupo. Il M5S si è fatto portatore di una proposta di legge di iniziativa popolare che chiede che l'Italia esca dalla Nato!».

Al governatore campano De Luca, si rimprovera d'aver lanciato un appello per il Sì da voto di scambio. Il governo che dice?
«I 5 Stelle alzano i toni guardando la pagliuzza nell'occhio del vicino per non guardare la trave che è nel loro: due inchieste per firme false a Palermo e Bologna. Grave per un partito che dice onestà onestà agli altri ma su sé stesso fa dell'omertà. Questi sono fatti, quelle di De Luca invece solo parole, che non sono nel mio stile ma ognuno ha il proprio, e il richiamo colorito a votare e fare campagna per il Sì. Battute condannabili, non comportamenti illeciti».

Sono verosimili le dimissioni di Renzi e un governo tecnico dopo il 4 dicembre se vincerà il No?
«Sono inverosimili perché vincerà il Sì. Eventuali decisioni comunque saranno prese dal presidente della Repubblica e dal Parlamento. L'Italia non ha bisogno di un governo tecnico ma politico, forte nell'interlocuzione con la Ue su crescita e immigrazione. Il governo tecnico è negli auspici di chi vorrebbe un'Italia più debole in Europa».
Ultimo aggiornamento: 17:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA