Camere, Di Maio: figure di garanzia, fuori i condannati

Domenica 18 Marzo 2018 di Francesco Lo Dico
Camere, Di Maio: figure di garanzia, fuori i condannati

Fra selfie e strette di mano, Luigi Di Maio trova il tempo di piazzare nella doppia tappa del rally post-elettorale una serie di paletti nel tentativo di ingolfare i motori del centrodestra, e offrire un passaggio a Salvini a bordo della safety-car che porta al traguardo dell'accordo per le due presidenze delle Camere.

FATTORE TEMPO
Il tempo stringe. E Di Maio rompe gli indugi. Appena arrivato a BolognaFiere, accolto dal presidente Gianpiero Calzolari (un segnale «per stare vicino al popolo delle partite Iva e ai piccoli imprenditori italiani», dice), il capo politico pentastellato sfodera nel feudo della Legacoop la grisaglia della responsabilità istituzionale. Il candidato premier del M5s ribadisce di essere impegnato in un «importante dialogo con tutte le forze politiche per assicurare alle due Camere dei presidenti all'altezza di questo ruolo». La tecnica è quella del colpo alla botte (leghista), e al cerchio (dem). Di Maio tiene a precisare, nel tentativo di blandire il Pd, che eventuali accordi sul punto «non riguardano le intese sul futuro governo del Paese» perché le scelte non vanno vincolate «solo ad un accordo tra due forze politiche». E prova intanto a entrare in forcing su Salvini, ricordando che dai nuovi equilibri dell'Aula dipende l'abolizione di quei vitalizi che sono «un privilegio odioso che vogliamo abolire». Più tardi, il leader grillino recinta però la volontà di dialogo entro steccati ben definiti. E diventa più esplicito.

Nell'assicurare che «tra stasera e domani (oggi per chi legge, ndr) sentirà i principali esponenti di tutti i futuri gruppi parlamentari, da Salvini a Brunetta, da Meloni a Martina, Di Maio ribadisce la linea sulla quale si sono attestati i suoi luogotenenti Toninelli e Grillo. «Noi con il 36% dei seggi alla Camera dei Deputati scrive il leader M5s - rivendichiamo il diritto ad esprimere la Presidenza dell'Aula». Ma poi arriva l'altolà all'eventuale ascesa di Paolo Romani o Roberto Calderoli sullo scranno più alto di Palazzo Madama, rivendicato per Forza Italia da Renato Brunetta. «Da parte delle altre forze politiche frena Di Maio - considereremo inaccettabili le proposte di candidati, per qualsiasi carica istituzionale in ognuna delle due Camere, che siano condannati o sotto processo». Segue poi l'appello bis sui vitalizi. Non un caso, dato che anche ai piani alti del Movimento, pur tra mille cautele, si ammette a denti stretti che si tratta di «un chiaro messaggio a Salvini affinché non si faccia abbindolare da Forza Italia. Deve scegliere se il leader è lui o Berlusconi. E agire di conseguenza».

L'OPA AZZURRA
D'altra parte, se l'opa azzurra su Palazzo Madama dovesse arrivare a dama, la partita si farebbe dura per Di Maio. Che sembra insistere per la presidenza della Camera, nel tentativo di blindare quanto prima l'accordo con la Lega. Ma anche nell'idea di mettere al riparo se stesso e il Movimento da possibili sorprese. «Montecitorio è la nostra ridotta, se proprio ci dovessero fregare da lì potremo dare battaglia sui vitalizi», è la voce che ieri si rincorreva tra alcuni big pentastellati preoccupati dall'esito della trattativa. Anche se in via ufficiale il Movimento nega seccamente, Montecitorio sarebbe infatti un avamposto strategico per fare la riforma elettorale prima di tornare alle urne. Male che andasse, il capo politico potrebbe sventolare nella prossima campagna elettorale il trofeo di una nuova legge elettorale, che potrebbe finalmente consegnargli quel governo sfuggito di mano al primo tentativo. Ecco perché di fronte a un eventuale governissimo, «o a un governo di scopo sarebbe nostro interesse restare saldamente all'opposizione» lasciano trasparire i pentastellati.

La corsa del Di Maio tris non sarebbe tuttavia priva di incognite. Sul leader grillino non aleggerebbe infatti a quel punto soltanto lo spettro di Alessandro Battista, ma anche quello del doppio mandato esaurito. «In questo momento le priorità da risolvere per noi e per gli italiani non sono di certo queste» osserva il deputato e avvocato, Andrea Colletti. Che disegna la possibile toppa che si tesse da giorni nello Stato Maggiore pentastellato. «Se mai si dovesse pensare di congelare questo mandato chiosa Colletti - lo si potrà fare solo rimettendo la questione al voto degli iscritti». Altro giro, altre regole, altra corsa.

 

Ultimo aggiornamento: 17:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA