Berlusconi, la carta Tajani per recuperare il Centrosud

Mercoledì 28 Febbraio 2018 di Marco Conti
Berlusconi, la carta Tajani per recuperare il Centrosud
«Tajani è l'uomo giusto per rivestire l'incarico di presidente del Consiglio». Dopo molti annunci a mezza bocca, ieri Silvio Berlusconi ha rotto gli indugi e, durante il forum organizzato dall'agenzia Ansa, candida per palazzo Chigi l'attuale presidente del Parlamento Europeo. L'annuncio era nell'aria da tempo, ma Berlusconi più volte si è morso la lingua rimandando l'investitura. A pochissimi giorni dal voto, anche gli azzurri hanno il nome di colui che potrebbe andare a palazzo Chigi qualora il centrodestra dovesse avere la maggioranza e FI risultare il primo partito della coalizione arrivando sopra la Lega di Matteo Salvini e i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni.

LA SVOLTA
L'incandidabilità del Cavaliere, derivata dall'applicazione della legge Severino, ha lasciato vuota la casella per quasi tutta la campagna elettorale. Ma il patto stretto nel centrodestra, «chi arriva primo indica il premier», obbligava Berlusconi a fare un nome e ieri ha pronunciato quello di Tajani. Il diretto interessato - anche per via dell'incarico ricoperto - si è visto poco in campagna elettorale e continua a sostenere di voler rimanere alla guida del Parlamento europeo sino a fine mandato. L'europeismo di Tajani contrapposto a Salvini, che nel suo programma ribadisce l'uscita «concordata dall'euro», serve a Berlusconi per smarcarsi dall'alleato. Senza contare che le stesse radici familiari di Tajani (tra Lazio e Campania) facilitano non poco il disegno Berlusconi di puntare a quella quota di elettorato del Centro e del Sud Italia che non si riconosce nella Lega e tantomeno nel M5S. Fondatore di Forza Italia, portavoce del Cavaliere nel governo-Berlusconi del 94, ed eurodeputato dal 95, Tajani nel 2014 fece un gesto molto grillino. Ovvero rinunciò all'indennità transitoria di fine mandato - 486 mila euro - che gli sarebbe spettata in quanto ex vicepresidente della Commissione. Lo fece scrivendo una lettera al Presidente della Commissione uscente, Manuel Durao Barroso in cui spiegò il gesto sostenendo di ritenere «opportuno dare una prova di sobrietà e solidarietà in questo momento di grande difficoltà per i cittadini europei.

Intervistato dalla tedesca Welt, ieri Tajani ha ribadito le sue intenzioni: «Io vorrei restare presidente del Parlamento europeo, è importante per l'Italia». Ovviamente dice di sentirsi «onorato» dalla proposta di Berlusconi di diventare primo ministro nel caso di una vittoria dell'alleanza di destra, ma aggiunge di fare «di tutto per lavorare ancora nell'interesse dell'Europa».

La resistenza dell'interessato è comprensibile. L'ex commissaria europea Emma Bonino e leader di +Europa, ha espresso ieri apprezzamento per l'europeismo di Tajani, ma al tempo stesso si è augurata che completi il mandato perché le eventuali dimissioni «non aiuterebbero la credibilità dell'Europa e dell'Italia». Le incognite del post voto e la parallela accelerazione che Berlino e Parigi intendono dare ai progetti di riforma della Ue e dell'eurozona, daranno a breve un peso ancor più rilevante all'unico rappresentante italiano, oltre a Mario Draghi, nelle istituzioni europee. Un ragionamento di «opportunità» che, raccontano, dal Quirinale sarebbe partito da tempo in direzione Arcore e che contribuisce a spiegare la cautela del Cavaliere espressa anche ieri subito dopo l'annuncio: «Che Antonio Tajani sia l'uomo giusto per rivestire l'incarico di presidente del Consiglio credo sia chiaro a tutti. Ma - aggiunge il Cavaliere - è diventato il presidente del Parlamento Europeo e questo è un vantaggio, una qualità, ma anche un problema». Poi spiega meglio: «Ci arrabbiamo quando Merkel difende in Europa gli interessi della Germania. Tajani sarà uno splendido difensore delle istanze italiane».

LA LUCE
D'altra parte Berlusconi non ha mai contemplato la parola successore, anche se dentro FI sono in molti ad interrogarsi sul dopo e valutano le mosse di Roberto Maroni. L'ex governatore lombardo è ormai distante anni luce da Salvini e nella costruzione di un possibile unico partito dei moderati, potrebbe avere le carte giuste da giocare anche dentro FI. Berlusconi non ha però nessuna intenzione di mollare e ieri, evocando la possibilità di un ritorno al voto qualora il 4 marzo non uscisse una maggioranza, non ha escluso la possibilità di ricandidarsi. Ovviamente solo se nel frattempo dovesse arrivare da Strasburgo una sentenza che permetta al Cavaliere di avere piena agibilità politica: «Io sono a disposizione».
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