Cuneo fiscale e Iva, Renzi frena il governo

Giovedì 9 Marzo 2017 di Luca Cifoni
Renzi
I toni sono cortesi, le dichiarazioni di amicizia ribadite, ma quello che Matteo Renzi ha sferrato ieri sera nel salotto di Porta a Porta è un attacco piuttosto diretto alla politica economica del governo presieduto da Paolo Gentiloni. L'attuale presidente del Consiglio nella sua prima vera uscita pubblica in tv - nel suo caso a Domenica in - aveva annunciato l'intenzione di restare in carica fino alla fine della legislatura presentando anche, quasi a convalidare il carattere non più provvisorio del proprio esecutivo, un progetto di taglio del cuneo fiscale-contributivo, ovvero delle tasse sul lavoro.

IL PRECEDENTE
Interpellato su questa idea, l'ex premier ed ex segretario del Pd, candidato alle primarie, ha detto di «avere qualche dubbio». E i dubbi li ha specificati con un riferimento alla precedente operazione del 2007, voluta dal governo Prodi: «Quella misura dei cinque punti - ha detto - non ha portato risultati». Dieci anni fa, la riduzione dell'Irap per le imprese e dell'Irpef per i lavoratori a reddito medio-basso fu uno degli interventi-simbolo del secondo esecutivo del Professore. Ma soprattutto l'intervento per le persone fisiche, bilanciato da un inasprimento sulle fasce di reddito superiore, non fu realmente percepito come una riduzione della pressione fiscale. E con tutta probabilità la presa di distanza di ieri è motivata dal fatto che per ragioni di compatibilità finanziaria una riduzione del cuneo fiscale escluderebbe la possibilità di un abbassamento generalizzato dell'Irpef, a suo tempo indicato da Renzi come misura da far scattare nel 2018 e sicuramente di maggior impatto sull'elettorato.

La lontananza delle due posizioni risulta ancora più vistosa se si considera che a caldo, due giorni fa, Renzi aveva invece espresso un generico apprezzamento per la volontà di Gentiloni di proseguire il percorso di riduzione del carico fiscale.

Della dialettica che ora si è venuta a creare fa parte anche la risposta data dall'ex premier a proposito di un possibile aumento dell'Iva (e in particolare dell'aliquota intermedia oggi posta al 10 per cento). Secondo Renzi muovere questa leva «sarebbe un errore politico in un momento come quello che stiamo vivendo». La proposta sarebbe quindi «un evergreen dei tecnici di qualche ministero». Il candidato segretario del Pd ha certo aggiunto di ritenere che su questo punto non ci saranno divisioni con Gentiloni; ma sta di fatto che proprio un parziale scatto delle clausole di salvaguardia relative all'imposta sul valore aggiunto potrebbe dare all'attuale esecutivo il respiro finanziario necessario per muoversi sul fronte delle tasse sul lavoro.

LE SCADENZE
In questo clima forse non più idilliaco dovrà proseguire il lavoro del governo in vista delle prossime scadenze. Ma i tempi della manovra correttiva richiesta dalla Ue potrebbero scivolare un po' rispetto a quanto ipotizzato anche in sede europea, oltrepassando la data delle primarie Pd fissata al 30 aprile. Certo anche su questa che è una cifra grande ma non colossale - 3,4 miliardi - non sarà facile definire un intervento che come richiesto dal Pd non contenga aumenti di imposta, almeno non espliciti, puntando al massimo su un incremento del gettito dell'Iva da ottenere con misure catalogate anti-evasione come l'allargamento del cosiddetto split payment o il ricorso ancora più intensivo alla fatturazione elettronica.
Ultimo aggiornamento: 14:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA