La sfida di Renzi per riprendersi il Pd: ipotesi primarie a fine febbraio

Martedì 13 Dicembre 2016 di Nino Bertoloni Meli
Renzi

«Da oggi comincia la lunga marcia per riprendersi il partito e il Paese». Dallo studio di segretario del Pd al Nazareno, che Matteo Renzi ha frequentato pochissimo in questi anni di doppio incarico, arriva il messaggio alla Mao Tse-tung, un grido di battaglia filtrato dopo una riunione ristretta al termine della direzione con Luca Lotti, assurto al governo come ministro, e altri fedelissimi. Si studiano le mosse, si preparano le tappe per quella che dovrà essere la battaglia per la ripartenza: le primarie. Le date previste sono il 26 febbraio o il 5 marzo. Come arrivarci?

La prima battaglia, che non si annuncia una scaramuccia, sarà domenica prossima all'assemblea nazionale, dove il segretario proporrà l'iter congressuale e dove la minoranza è già pronta a ribadire la richiesta di dimissioni, che la maggioranza renziana è a sua volta pronta a respingere. Entrambe sventolano lo statuto: per gli uni le norme prevederebbero un segretario dimissionario, per gli altri, la maggioranza, se l'assemblea non elegge come non eleggerà nessun altro, si va al congresso con quello uscente. E' stato interpellato uno dei due estensori dello statuto, Salvatore Vassallo (l'altro è Stefano Ceccanti), secondo il quale Matteo può rimanere tranquillamente al suo posto e da segretario uscente tentare la riconquista della leadership.

GLI SFIDANTI
«Ma io non mi dimetto certo per fare un piacere alla minoranza», avrebbe fatto capire Renzi ai suoi, cogliendo il dato tutto politico, e non certo statutario, dello scontro. Che sarebbe questo: la minoranza vorrebbe far passare l'idea che l'ex premier non è più un cavallo vincente, che la sconfitta al referendum è anche la sconfitta senza appello della sua leadership, e si presenterebbe al partito proponendo al momento una serie di candidati alternativi (Emiliano in primis, poi Speranza, gira pure il nome di Errani, sullo sfondo Rossi e finanche lo stesso Bersani, i candidati a sinistra non mancano). «Li voglio vedere con questi nomi dove vanno loro e dove va il Pd, quasi quasi neanche mi candido alle primarie...», avrebbe minacciato Renzi, più per sottolineare che il leader era e rimane lui, che la sua stagione per completare la svolta riformista nel Pd non è affatto conclusa, non certo per gettare la spugna.

La minoranza però insiste, si sta attrezzando a una sorta di battaglia degli emendamenti sullo statuto, ricorda che quando Bersani si dimise, toccò a Epifani gestire la nuova fase da segretario. «Peccato che su Epifani ci fu l'accordo per eleggerlo nuovo segretario e peccato che non c'erano primarie in vista», ribatte David Ermini, renziano di prima cerchia, «il fatto è che non hanno un candidato forte su cui puntare, quindi fanno solo interdizione». «Renzi si deve dimettere, noi vogliamo solo che il congresso si faccia secondo le regole del Pd», attacca Nico Stumpo, del pacchetto di mischia bersaniano. Chi dovrebbe gestire il partito, senza segretario? «Ci sono i vice, c'è il presidente, che problema c'è?», aggiunge Stumpo, che poi parla dei tempi: «C'è il tesseramento da chiudere, c'è lo statuto che parla di sei mesi se si va prima della scadenza, quindi se ne parla a giugno, e ad agosto si possono fare le altre cose...».

I TEMPI
Altro che fretta, in sostanza. «Vedrete, la minoranza tenterà di portarla alle lunghe, resteranno dentro ma per rompere fino all'ultimo in tutti i sensi, e con Emiliano cercheranno di raggiungere il 20 per cento», pronostica Gennaro Migliore che la sinistra conosce bene.

Sullo sfondo rimane sempre aperta l'opzione fuoriuscita della minoranza dal Pd. La fatidica parola: scissione. Davide Parrini, segretario della Toscana molto vicino a Renzi, si sta occupando tra gli altri della legge elettorale futura, e a più d'uno lo ha spiegato: il clima in giro è di ritorno al proporzionale, alla fine a una legge di quel tipo si arriverà, quindi con un sistema di regole che permetterebbe a chi ha il 3 per cento e passa di accedere in Parlamento, l'obiettivo di creare anche in Italia una Linke come in Germania sarebbe lì a portata di mano, con Bersani nei panni di Lafontaine.

Ultimo aggiornamento: 17:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA