Sfida alla Ue, la mossa di Renzi: scacco a Berlino sui migranti

Mercoledì 20 Gennaio 2016 di Marco Conti
Matteo Renzi

Eppur si muove anche se lo scontro prosegue. Anche se tra Bruxelles e Roma continuano a volare gli stracci. Un primo punto Matteo Renzi si appresta a metterlo a segno ottenendo che i 282 milioni di euro che l'Italia deve dare alla Turchia per la gestione dei migranti vengano scomputati dal patto di stabilità. La trattativa si è sbloccata anche per le difficoltà che in patria incontra Angela Merkel da giorni sotto il tiro incrociato delle opposizioni e di esponenti del suo stesso partito. Il via libera che si appresta a dare la Commissione permetterà lo sblocco dell'accordo sulla ripartizione dei contributi tra i Ventotto che rappresenta il punto chiave per fermare il flusso di migranti verso il centro dell'Europa.

COSTE
Mancava infatti solo l'Italia per avviare il piano firmato lo scorso anno con Ankara. Tre miliardi di euro - uno dal bilancio della Commissione e due dagli stati membri - per organizzare in Turchia campi profughi in modo da avere una sorta di filtro. Lo stesso filtro che dovrebbero fare i centri di accoglienza e identificazione che si stanno realizzando in Italia ed in Grecia. L'allarme sulla protezione delle frontiere esterne, rilanciato anche ieri dal presidente del consiglio europeo Donald Tusk a seguito della possibilità di sospendere Schengen annunciata da Slovenia e Croazia, fa sorridere il presidente del Consiglio: «Sino a quando sbarcavano sulle nostre coste il problema non esisteva».
 
Ora invece i migranti arrivano a colpi di due-tremila al giorno in Germania e la Cancelliera non sembra reggere la pressione dell'opinione pubblica. Malgrado i moniti e le preoccupazioni dei più illustri europeisti di casa nostra, Renzi è pronto ad andare sino in fondo nello scontro con gli euroburocrati di Bruxelles «telecomandati» da Berlino.

Il primo ad essere nel mirino del presidente del Consiglio è il tedesco Martin Selmayr, capo di gabinetto dei Juncker. Sarebbe stato lui a dare ieri l'altro alle agenzie di stampa quelle poche righe sulla mancanza di interlocutori in Italia. Vendetta di Selmayr perché il presidente del Consiglio non gli risponde al telefono o rimpianto per l'uscita dell'ambasciatore Sannino? Difficile dirlo. Fatto sta che il consiglio dei ministri di questa sera nominerà il viceministro Carlo Calenda come nuovo rappresentante italiano a Bruxelles.

Non un diplomatico, ma un uomo di impresa che ha seguito, come vice del ministro Guidi, molti dei dossier che investono i rapporti con l'Europa, dall'Ilva all'accordo di scambio con la Cina, e plenipotenziario del governo sugli investimenti italiani all'estero. Niente diplomazia e toni felpati, quindi, ma un uomo in grado di trattare in maniera serrata sulla ”roba”, per dirla con Giovanni Verga. Altro dossier che nelle ultime ore è tornato sui tavoli della Commissione, è la proposta italiana di ”bad-bank”. Ieri è arrivata al Mef una richiesta di ulteriori dettagli a conferma che la trattativa stavolta è avviata e che non ci sarà un rifiuto pregiudiziale su una proposta che il ministro Padoan ritiene «valida».

Tra i temi oggetto della contesa con la Commissione, si segnala anche ciò che scrive oggi il Financial Times e che definisce «una vittoria di Renzi». Ovvero l'intenzione della Commissione Ue di eliminare la norma del Trattato di Dublino che obbliga il primo paese di arrivo del migrante a farsene carico. «L'Italia è tornata», continua a sostenere il presidente del Consiglio che sostiene di attaccare le politiche economiche e sociali dell'attuale Europa «da europeista convinto» e che non teme le ritorsioni della burocrazia europea proprio perché si erge a ultimo difensore di una Unione destinata altrimenti a sbriciolarsi consegnandosi alle Le Pen che si aggirano in quasi tutti i Ventotto paesi.

Gli affondi del capogruppo del Ppe, il tedesco Weber, è per il premier la conferma della volontà politica di Berlino di restare l'unico dominus in una Unione che ha visto negli ultimi mesi molto ridimensionato il ruolo della Francia. «Nulla di personale» con Angela Merkel o con Jean Claude Juncker, continua a ripetere il presidente del Consiglio che presto sarà a Berlino mentre a Roma riceverà il presidente della Commissione.

L'appannato Juncker, mero esecutore della linea tedesca, finisce nel mirino di Renzi proprio per la sua incapacità di essere autonomo rispetto a Berlino. Al punto da essere accusato, non solo dall'Italia, di aver usato due pesi e due misure quando ha deciso di aprire una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia e della Grecia per la mancata identificazione dei migranti o quando pensa di concedere nuova flessibilità a Parigi e non a Lisbona.

Lo stretto rapporto - alimentato da Martin Selmayr, capodigabinetto di Juncker - tra Bruxelles e Berlino sta scaricando sulla Cancelliera molte delle responsabilità dell'Unione rendendola ancora più debole sia sul fronte interno che su quello esterno e dei rapporti con Washington che con Berlino ha molti dossier aperti. Renzi ne è consapevole e intende approfittarne.

Almeno sino al 29 di gennaio quando sarà ricevuto a pranzo dalla Merkel.

Ultimo aggiornamento: 10:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA