Pd a congresso, Renzi soddisfatto: «Ho il partito nelle mie mani»

Martedì 14 Febbraio 2017 di Alberto Gentili
Renzi
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«È finita 107 a 12. Ed è andata così nonostante D'Alema, Bersani, Speranza, Stumpo... fossero tutti lì schierati. Imbarazzante». Matteo Renzi a sera, dopo la votazione del parlamentino dem che apre le porte alle sue dimissioni da segretario e alle primarie, si gode il risultato. Ai suoi confida: «Il messaggio a Berlusconi e a chi pensava di fare strane manovre, è decisamente è chiaro. Il Pd ce l'ha in mano Renzi. E pensare che oggi erano intervenuti tutti, Bersani, Speranza... Ma dove vanno?!».

Il segretario uscente non vuole parlare di elezioni. «Ho un ottimo rapporti con Gentiloni, decide lui quando sarà il momento», confida. Preferisce, con i suoi collaboratori, fare invece il bilancio della lunga Direzione. Tracciare il punto delle alleanze interne. Con una premessa: «Io non partecipo a caminetti dei capi corrente, parlo con la nostra gente». E raccontando: «Orlando ha tentato di andare via. Poi però è tornato e mi ha detto che non si candida a nulla, che non correrà per la segreteria. Credo abbia capito...».

Gli chiedono di Dario Franceschini. E Renzi: «Dario è stato molto leale. Del resto gli ho dato la massima disponibilità a stringere l'intesa sulla legge elettorale (quella che avrebbe aperto la strada al voto a giugno, ndr.) e lui è stato onesto con me come io sono stato onesto con lui».

«ADESSO SI RIPARTE»
Adesso però «si parte». Comincia la campagna per le primarie che «si faranno più o meno tra due mesi». A fine aprile. Lo deciderà sabato l'Assemblea nazionale». E anche lì l'ex premier ha la maggioranza.

Sull'armatura di Renzi non saranno più appuntati i gradi da segretario. L'ex premier ha «chiuso un ciclo», già archiviato di fatto dalla dolorosa sconfitta del referendum il 4 dicembre, e prova ad aprirne un altro: ottenere dal congresso, e dunque dagli elettori Pd, una nuova legittimazione. Più la messa in minoranza, definitiva, della minoranza «che per tre anni ha giocato sporco, mi ha dato il tormento».

Poi, con «la leadership legittimata da una nuova investitura popolare», andare alle elezioni. Molto difficilmente a giugno, più probabilmente in autunno. Forse il 24 settembre, in coincidenza con le elezioni tedesche. «Non a caso Matteo ha più volte fatto riferimento alla Germania», dice uno dei suoi fedelissimi.

Ma questa è tutta un'altra storia. Da adesso alle primarie, si diceva, Renzi non intende più parlare di data delle elezioni. Questo, piuttosto, il tempo per regolari i conti con la minoranza e gli oppositori interni. L'ex premier è rimasto colpito dai distinguo di Andrea Orlando che ha chiesto una conferenza programmatica.

Ma, soprattutto, è rimasto sorpreso dai «vari Bersani, Speranza, etc. che per mesi hanno invocato chiesto il congresso e le mie dimissioni e, quando le presento, dicono che non va bene. Che non bisogna fare in fretta. Che occorre cambiare le regole. Assurdo. Le regole sono quelle vecchie, mica le sto inventando io. La verità è che sanno di perdere e dunque hanno paura di confrontarsi con il nostro popolo. Ma non era più possibile rinviare il momento della chiarezza. La nostra gente ci avrebbe preso per pazzi».

«LA SCISSIONE? DICO DI NO»
Il segretario uscente non vuole la scissione. L'ha detto e ripetuto durante la relazione di oltre un'ora: «Mi dimetto perché me l'avete chiesto, ma quando ci si mette in gioco non può accadere che chi perde, poi prende e scappa con il pallone. Tutti, anche chi uscirà sconfitto, dovrà rispettare l'esito delle primarie». Un ruolo, quello del perdente, che Renzi non prende neppure in considerazione: i sondaggi della Swg lo danno vicino all'80%, contro il 18-20 degli sfidanti.

Il rischio, semmai, è che la minoranza rompa nei prossimi giorni. Prima delle primarie. Un pericolo, secondo il renzianissimo Matteo Ricci che non va preso neppure in considerazione: «Che fanno? Se ne vanno perché facciamo il congresso presto, secondo i tempi stabiliti dalle regole dello Statuto? Sarebbe un'azione antidemocratica. Un atto che manifesterebbe il timore di confrontarsi col nostro popolo. Non è possibile che qualcuno decida la scissione a prescindere, perché teme di perdere».

Dopo l'Assemblea di sabato, Renzi intende «andare in giro per il Paese, senza cerimoniali e giornalisti».

Si ripromette di «costruire il programma dal basso, ascoltando chi ha idee da proporre». E garantisce: «Mi divertirò un sacco».

Ultimo aggiornamento: 16:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA