Pd, il ritorno di Renzi: condizioni impossibili per farsi dire no da M5S

Sabato 28 Aprile 2018 di Alberto Gentili
Pd, il ritorno di Renzi: condizioni impossibili per farsi dire no da M5S
«Ero contrario anche solo a ipotizzare un accordo con i 5Stelle. E non cambio idea, sarebbe una presa in giro per gli italiani». Matteo Renzi, appena è uscita la notizia del suo ritorno in tv dopo la notte della sconfitta elettorale del 4 marzo, ha voluto tranquillizzare i suoi. Domani sera non andrà da Fabio Fazio, a Che tempo che fa, per aprire all'ipotesi di un governo con Luigi Di Maio. Anzi il leader dem, che non ha alcuna intenzione di ritirare le dimissioni, confermerà il suo no. Ma tornerà in partita. E lo farà concedendo la disponibilità a un confronto tra le delegazioni dem e grillina. «Ma solo per spingere Di Maio a chiudere la porta una volta per tutte e non trovarci noi con il cerino in mano», dice un fedelissimo dell'ex segretario.

Nel Pd, dopo l'ottimismo «ingiustificato» di Roberto Fico e le aperture accompagnate da stilettate di Di Maio, il fronte trattativista guidato dal reggente Maurizio Martina, Dario Franceschini, Piero Fassino, Andrea Orlando, Michele Emiliano, subisce un arretramento. E con ogni probabilità - se prima non dovesse riaccendersi il forno tra Di Maio e Salvini - la Direzione di giovedì 3 maggio eviterà di dire no al confronto con i 5Stelle (anche per non urtare Sergio Mattarella che quel confronto ha fatto esplorare). Ma porrà tanti e tali vincoli, alzerà a tal punto l'asticella, da costringere i grillini a battere in ritirata. Tipo: niente palazzo Chigi per Di Maio, vietato toccare il Jobs act, impegno nero su bianco per Tav e bye bye al reddito di cittadinanza. «Io ci metterei anche la Buona Scuola e il riconoscimento della validità dell'azione del governo Renzi», chiosa Ettore Rosato.

L'ASTICELLA ALTISSIMA
Le ragioni del muro anti-grillini le spiega Matteo Ricci, responsabile degli enti locali: «Da loro ci divide il programma e ci divide la strategia. Non siamo come la Cdu e la Spd, che in Germania fanno un governo di programma avendo ciascuno rispetto per il campo dell'altro. L'obiettivo dei 5Stelle è farci fuori, conquistare il nostro campo. Se governassimo insieme, alla prima curva ci accuserebbero di non farli lavorare e ci porterebbero sparati alle elezioni. Insomma, sarebbe un suicidio. Per me è meglio sopravvivere, cosa che accadrebbe anche se si precipitasse verso le urne, piuttosto che scomparire facendo un governo con i 5Stelle».

Se questo è il clima, è facile prevedere una Direzione agitata giovedì prossimo, dove l'ex segretario ha una maggioranza solida (110 su 209). In molti tra i renziani vorrebbero andare alla conta per bocciare ogni possibilità di dialogo con M5S e, di conseguenza, far fuori Martina. Il reggente è considerato «incapace» di portare avanti alla trattativa: «Ha visto aperture dove non ci sono...», ha confidato Matteo Orfini, presente anche lui al confronto con Di Maio. Ma Renzi, pur disapprovando la linea del reggente, non cerca vendette. «Non bisogna sommare caos al caos mandando a casa Maurizio», dicono nel suo entourage.

Si vedrà. Come si vedrà se davvero il tema del confronto con i 5Stelle giovedì sarà ancora sul tavolo. Renzi è convinto che il «teatrino» della trattativa con il Pd serva a Di Maio soltanto per prendere tempo. E che dopo le elezioni di domani in Friuli, in qualche modo Salvini e il leader grillino torneranno ad amoreggiare. I segnali del resto non mancano.

Dal canto suo Martina - sostenuto da Orlando che chiede un referendum tra gli elettori - continua disperatamente a tentare di tenere il filo del dialogo: «La strada del confronto è difficile e potrebbe non portare a un'intesa, noi e i 5Stelle siamo alternativi su molti fronti. Ma è nostro dovere tentare, andando a vedere il merito di una possibile agenda di impegni». Segue un appello all'unità: «Proviamo a ragionarci insieme, c'è davvero bisogno di tutto il Pd».

LA PROFEZIA
Ma tutto il Pd non ci sarà. Questo è sicuro. Tanto più in quanto Renzi è convinto che non si andrà alle elezioni. E che i 5Stelle si spaccheranno sulla premiership di Di Maio: pur di fare un governo con la Lega, è la profezia dell'ex segretario, i grillini scaricheranno il leader. «Anche perché a quasi sessanta giorni dalle elezioni, Di Maio e Salvini non hanno fatto un bel niente. Anzi, si sono spartiti solo le poltrone: dai presidenti delle Camera, ai questori, etc. Io invece, in 60 giorni avevo dato il bonus degli 80 euro, il decreto Poletti sul lavoro e decine di provvedimenti». Un jaccuse che l'ex segretario scandirà in tv da Fazio.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA