Palazzo Chigi non cede: «La manovra resta così»

Martedì 8 Novembre 2016 di Alberto Gentili
Palazzo Chigi non cede: «La manovra resta così»

ROMA Matteo Renzi ha saputo dell'attacco ruvido e irrituale di Jean-Claude Juncker durante il trasferimento tra Frosinone e Latina. E, raccontano, invece di una smorfia di disappunto, in faccia gli si è allargato un sorriso. Mai, come in queste ore, al premier fa comodo lo scontro con Bruxelles. Tant'è, che da lì a poco, ha messo a verbale che «l'Italia tira dritto, non guarda in faccia a nessuno». Perché in gioco «è la stabilità delle scuole dei nostri figli». Parole e argomenti utili per provare a incassare qualche Sì in più in vista del referendum del 4 dicembre.

TRATTATIVA APERTA
In realtà sulla legge di stabilità la trattativa è ancora in corso, come dimostra il confronto (garbato) tra il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, e il commissario europeo Pierre Moscovici. Soltanto mercoledì 16 novembre la Commissione presieduta da Juncker recapiterà a Roma la lettera con il giudizio sulla legge di stabilità. Quella che stanzia nel 2017 2,8 miliardi per la ricostruzione, 3,4 miliardi per la messa in sicurezza degli edifici nelle aree a rischio sismico, e altri 3,4 miliardi per fronteggiare l'emergenza-migranti. «Si tratta di cifre», sostiene Renzi con i suoi, «che non abbiamo alcuna intenzione di mettere in discussione. Perché da dieci anni il nostro deficit non era così basso e perché sono sulle nostre spalle emergenze e circostanze eccezionali, come il terremoto e gli sbarchi dei migranti, che nessuno può mettere in dubbio. Tantomeno chi, come la Germania, non rispetta le regole sul surplus commerciale, e chi non dà seguito agli impegni sulla ricollocazione dei migranti».

Una linea della fermezza molto utile al premier, impegnato nel suo tour dell'Italia per conquistare Sì tra le file degli indecisi. «In questa fase di euroscetticismo litigare con Bruxelles porta voti...», dice uno dei collaboratori più stretti di Renzi. «Per questa ragione fino al 4 dicembre, qualunque cosa dica o scriva la Commissione europea, non toccheremo una virgola della legge di stabilità...». Pausa, sorriso sarcastico: «Tanto più che Juncker ha dato numeri a vanvera. Ha detto che l'impegno dell'Italia era fissare il deficit-Pil all'1,7%, invece era l'1,8%. E che stiamo puntando al 2,4%, mentre nella legge di stabilità è scritto 2,3%...».

Fare la voce grossa con Roma, allo stesso tempo, è utile a Juncker. Negli ultimi mesi, infatti, è ripartito l'assalto dei falchi tedeschi, guidati dal ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, intenzionati a scippare alla Commissione il controllo sui bilanci nazionali trasferendolo all'Esm (il fondo salva-Stati diretto dal tedesco Regling). Così, a margine della riunione di ieri dell'Eurogruppo, si parlava apertamente di «sceneggiata»: «Lo scontro fa bene a entrambi. Probabilmente Renzi ha chiesto a Juncker di attaccarlo per poi reagire. E Juncker l'ha fatto con piacere, dato che ha bisogno di far vedere ai tedeschi che la Commissione non è compiacente con l'Italia. Ma, sottotraccia, c'è un atteggiamento costruttivo: si sta cercando di trovare un equilibrio tra le regole di bilancio e l'esigenza italiana di spingere la crescita e fronteggiare le emergenze migranti e terremoto».

«NESSUN TIMORE»
Detto questo, Renzi non appare assolutamente preoccupato dall'eventualità di una procedura d'infrazione contro l'Italia. Perché il precedente di Spagna e Portogallo, graziate in luglio dalla Commissione nonostante il deficit eccessivo, dimostra che il rischio non è alto. E perché una procedura d'infrazione in questa fase sarebbe utile al premier italiano per continuare la sua crociata contro l'austerity. Inoltre, proprio per poter «contare di più in Europa» e per «cambiare l'Unione, fino ad arrivare a mettere il veto sul bilancio europeo» («l'Italia non farà più da salvadanaio per gli altri»), Renzi chiede di votare Sì al referendum per rendere il suo governo «più forte e più solido» nella trattativa con Bruxelles.