Nogarin indagato, ora M5S teme per elezioni comunali

Domenica 8 Maggio 2016 di Stefania Piras
Filippo Nogarin

«Bisogna valutare qual è il reato». Il M5S alle prese con l'indagine di Livorno prova a tenere una linea garantista. Aggettivo abolito nelle dichiarazioni ufficiali ma che si fa strada per blindare il sindaco Filippo Nogarin che continua a ribadire, dentro e fuori il M5S, di essere sicuro di aver agito correttamente. «Qui non si tratta di un avviso di garanzia per truffa, evasione, corruzione, mafia, tangenti, voti di scambio» elenca un attivista su Facebook che prova a fare i distinguo. Nel vertice, però, non si nasconde la preoccupazione per un'altra inchiesta, dopo quella di Quarto, che potrebbe far perdere prestigio ed elettori ai grillini in vista delle Comunali di giugno.

I TIMORI
Il primo cittadino da giorni temeva l'arrivo dell'avviso di garanzia e metteva le mani avanti avvertendo il Movimento che «sì, succede, fa parte del gioco quando si amministra e si decide di portare i libri in tribunale». Aveva dichiarato che servirebbe un'assicurazione per gli amministratori. Ma ora spiegare un avviso d'indagine ai militanti M5S è un'impresa non da poco. È per questo che i Cinque Stelle hanno preso tempo. L'avviso di garanzia è arrivato ben prima di ieri. A freddo, Nogarin ha scritto il post misurando ogni parola e soprattutto dopo aver concordato i passaggi più delicati con i vertici del M5S. L'inserto più politico, e salvifico agli occhi dell'opinione pubblica, è la frase in cui si dice pronto alle dimissioni: «Sin d'ora posso ribadire che nel M5S non si aspetta certo una sentenza per dimettersi, perché noi non siamo legati ad alcuna poltrona. Se già durante le indagini preliminari dovesse emergere una condotta contraria ai principi del M5S sono pronto a dimettermi».

Dopo aver inserito questo ultimatum autoinflitto, il post ha superato il lasciapassare dei vertici e il sindaco ha potuto premere il tasto invio. In seguito ha spento il cellulare e si è chiuso nel silenzio. La brutta copia del post, raccontano, era un po' diversa, più appuntita, più battagliera. Ma far apparire la possibilità della ghigliottina politica era necessario: serve a dare un appiglio ai parlamentari M5S, Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, che come ogni fine settimana stanno girando l'Italia, soprattutto nei Comuni dove ci sono amministratori indagati.
 
E infatti a poche ore dal post di Nogarin, Di Battista detta alle agenzie una dichiarazione fotocopia: «Se ci dovessero essere delle condotte contrarie al Movimento5stelle o alla legge non è che il Movimento attende la condanna di terzo grado come fanno gli altri, assolutamente, e quindi Nogarin ne trarrà le conseguenze». Ma una strategia politica ancora non c'è. Tra gli esponenti del M5S la frase più ricorrente è «Vediamo cosa succede». Ed è di nuovo nelle parole di Di Battista che traspare l'attesa: «Vediamo un po' i prossimi giorni, non sappiamo di cosa si tratta. Attendiamo». Eppure le contromosse erano state prese: da circa un anno c'è un pool di avvocati che sta studiando gli atti amministrativi controfirmati dal sindaco. «Aver dato via libera a un bilancio che non aveva il parere dei revisori dei conti non è proprio il massimo» riflette un esponente del M5S.

Per questo, la prudenza è d'obbligo ora e si torna a parlare di accesso agli atti, come aveva annunciato Luigi Di Maio, per capire se l'indagine rischia di travolgere il sindaco simbolo del M5S al governo o se è «un atto dovuto» come si augura Di Battista.

La linea garantista è nelle parole di Grillo che ha telefonato a Nogarin dicendogli «Tieni duro». Ma la questione della doppia morale emerge prepotente. Basta leggere la sintesi del tweet amarissimo di Pizzarotti: «Grillo cosa avrebbe fatto se fosse successo a me?».

Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 10:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA