Migranti, senza risposte concrete via al blocco delle navi

Venerdì 30 Giugno 2017 di Valentina Errante
La nave spagnola Rio Segura nel porto di Salerno
Il banco di prova per l'Italia sarà il consiglio dei ministri degli Affari Interni del 6 luglio. A Tallinn, al primo incontro sotto la presidenza dell'Estonia, il ministro Marco Minniti misurerà le reazioni dell'Ue alla provocazione italiana di chiudere i porti alle navi delle organizzazioni non governative che abbiano bandiera di altri paesi, ma sembra già chiaro che non arriveranno risposte concrete alla crisi italiana. L'ultimatum solo una formalità e così, alla fine della prossima settimana, o al massimo tra una decina di giorni, la sfida potrebbe diventare realtà, come nel 2004, l'Italia bloccherà l'attracco di una prima nave e lo sbarco dei migranti. Un dato è certo: il governo non intende fare marcia indietro e accontentarsi delle promesse che, a fronte degli sforzi richiesti dall'Europa, non sono mai state mantenute.

IL PIANO
Nel rispetto dei trattati internazionali, l'Italia continuerà i soccorsi ma bloccherà il sistema di accoglienza. È questa la linea del Viminale, perché i porti siciliani, di fatto, non sono i più vicini alle acque internazionali, in prossimità delle coste libiche, dove la maggior parte delle organizzazioni non governative soccorrono i naufraghi. L'obiettivo italiano è che le imbarcazioni approdino nei paesi di origine, riducendo così il numero di migranti da distribuire nelle nostre regioni, in un sistema già al collasso, con gli amministratori locali che hanno deciso di chiudere le porte. Il ministero sta ancora definendo le modalità di attuazione di un piano che, dopo il gelo di Bruxelles, diventa sempre più concreto: si continuerà a garantire cibo e assistenza sanitaria ai profughi a bordo, impedendo, però, l'attracco e lo sbarco di migliaia di persone, tranne singoli casi di emergenza. Sarà la Guardia costiera a bloccare l'ingresso delle navi nei porti siciliani, calabresi e campani.

Il CLIMA
Mercoledì a fronte della comunicazione di Maurizio Massari, rappresentante diplomatico dell'Italia a Bruxelles, le risposte sono state tutt'altro che favorevoli. Al di là del riconoscimento degli sforzi sostenuti, ribaditi ancora ieri dal commissario Dimitris Avramopoulos, si è tornati a parlare del mancato rispetto delle misure chieste dall'Ue all'Italia, come i Cie, che dovrebbero ospitare i migranti economici e non sono ancora stati realizzati. I dati Ocse, diffusi ieri a Parigi, non sono favorevoli all'Italia, che rischia ancora una procedura di infrazione, per l'attuazione delle prescrizioni in materia di immigrazione. Ma la risposta del governo fa perno sugli stessi argomenti e lamenta le promesse disattese a fronte degli sforzi enormi sostenuti, a cominciare dal fallimento della relocation.

LA CEI
Una risposta dall'Europa è attesa anche dalla Cei: «Mi auguro che si tratti soltanto di una provocazione, volta a favorire il ricollocamento nei vari Paesi dell'Ue dei migranti che oggi sbarcano sostanzialmente solo in Italia. Altrimenti, sarebbe un provvedimento inaccettabile», commenta all'Adnkronos monsignor Giancarlo Perego, direttore di Migrantes, la fondazione della Conferenza episcopale italiana per immigrati e rifugiati. E aggiunge: «Speriamo che tale provocazione possa dare inizio a questo secondo, indispensabile passaggio. Se questo problema di un ricollocamento serio in Europa dei migranti non venisse risolto, la Ue si dimostrerebbe divisa e in balia dei nazionalismi, in aperto contrasto con i suoi valori e con gli ideali della democrazia europea: ogni Paese faccia la sua parte».