Rai, Mario Orfeo il trasversale tra Milan e Allegri. Incontra Maggioni e lavora sulle nomine

Sabato 10 Giugno 2017 di Mario Ajello
Orfeo
Napoletano e pragmatico. Non è vero, ovviamente, che queste due categorie non possano convivere. La dimostrazione è Mario Orfeo. Uno che sa gestire - come gli riconoscono tutti quelli che lavorano e hanno lavorato con lui nei tiggì e nei giornali - e non si perde un dettaglio, anche minimo, anche una notizia breve, nella cura dei suoi prodotti. Ma sempre dando l'impressione che sia tutto semplice. Almeno per lui.

TAVOLO
Classe 66, ex direttore del Mattino e del Messaggero, Orfeo ieri sorridentissimo è salito al settimo piano di Viale Mazzini per ricevere la nomina dal Cda. Ha parlato riservatamente con la presidente Monica Maggioni. E subito si è chiuso in riunione di lavoro con i dirigenti della Rai e tra la nomina del suo successore al Tg1 e i palinsesti da presentare agli inserzionisti le questioni sul suo tavolo già sono tante e corpose.

Sarà un direttore generale completamente diverso dal precedente. Se Antonio Campo Dall'Orto - che comunque reputa la scelta di Orfeo la migliore che si potesse fare - è stato un marziano a Roma, il successore è un pesce che nuota nella propria acqua. Bastava vedere ieri con quanta dimestichezza, cosa impensabile anche per fatto caratteriale al tempo di CDO, ha trattato i consiglieri che lo aspettavano e alcuni dei quali lui conosce bene. Anzi, tutti tranne la Borioni. E il renzianissimo Guelfo Guelfi che è uno di quelli che più hanno cercato la soluzione Mario. Anche con Carlo Freccero, l'unico che gli ha votato contro, Orfeo ha scambiato qualche battuta scherzosa.

«Hai detto che io - così gli si rivolge Orfeo - non sarei competente di tivvù. Io però sono più competente di te sul calcio». «Non credo», replica il consigliere in quota M5S, «visto che io mai avrei azzardato le sostituzioni che, nella finale di Coppa Campioni, avete fatto tu e il tuo amico Allegri». Ancora Freccero: «Orfeo è metà juventino e metà milanista. Trasversale anche nel calcio. Questo spiega il suo successo e la votazione centrosinistra-centrodestra». Ed è inutile dire la massa di telefonate di auguri, da ogni parte, che ieri il nuovo dg ha ricevuto.

Ormai è di casa Orfeo in Rai. Vi è approdato nel 2009, come direttore del Tg2, mentre alla guida del Tg1 c'era Augusto Minzolini il «direttorissimo» (copyright Berlusconi) e Orfeo seppe ritagliare una posizione di successo, anche per equilibrio politico, al suo telegiornale. Dove resterà per due anni. A Napoli, agli inizi, aveva lavorato in giornali locali, poi alla cronaca di Repubblica di cui diventerà, a Roma, caporedattore centrale. Nel 2002, torna nella sua città perché l'editore Francesco Gaetano Caltagirone lo sceglie per dirigere il Mattino. Da lì - sette anni dopo - passerà al Tg2 per poi approdare nel 2011 al Messaggero.

Il Tg1, in versione rinnovata, sotto la sua direzione ha aumentato gli ascolti e battuto la concorrenza. Politicamente trasversale - infatti Renzi e Berlusconi sono stati concordi nella scelta come dg e i centristi che pure ce l'hanno con il segretario del Pd festeggiano la nomina - la testata di Orfeo ha mandato però su tutte le furie i grillini. Che tempo fa hanno organizzato una sorta di agguato mediatico con due finte Iene arrivate fin sotto casa del direttore.
Del mondo pallone, conosce anche i dettagli minimi. L'altro giorno in un corridoio di Saxa Rubra - da qualcuno soprannominato l'Orfeistan, cioè un territorio in cui il direttore del Tg1 ha saputo avere molta influenza - Orfeo raccontava a un gruppo di amici delle innumerevoli cravatte gialle che ha avuto occasione di vedere nell'armadio di Adriano Galliani.

Alle 8,30, Orfeo ha già letto tutti i giornali. «Ed è difficile - assicurano i suoi colleghi in Rai - prenderlo in castagna». Se non è a Saxa Rubra, lo si può trovare al caffè Settembrini, diventato per lui una sorta di casa-ufficio, in Prati, a due passi dal settimo piano di Viale Mazzini. A differenza di Campo Dall'Orto, il nuovo dg è uomo di conoscenze e di relazioni. E pur essendo commendatore della Repubblica, nominato da Napolitano quando era sul Colle, non riesce a perdere una giovialità da post-ragazzo che in certi casi - quando vede negli altri carenza d'impegno - prevede anche durezze.
Ultimo aggiornamento: 08:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA