Malumore del Carroccio per l'accelerazione M5S

Martedì 3 Luglio 2018 di Alberto Gentili
Malumore del Carroccio per l'accelerazione M5S
Luigi Di Maio batte un colpo. Dopo oltre trenta giorni al governo, il vicepremier e ministro dello Sviluppo e del Lavoro vara il decreto dignità. Il primo vero provvedimento dell'esecutivo gialloverde. Una mossa marcatamente grillina, volta a contrastare e bilanciare lo strapotere mostrato fin qui dalla Lega, con misure contro il Jobs Act in nome della lotta al precariato. Un modo per guadagnare la scena e tentare di placare i malumori interni al Movimento, stordito dalla campagna di Matteo Salvini sui migranti e i temi lumbard come sicurezza e ordine.
Il vicepremier e ministro dell'Interno, per una volta, lascia i riflettori al suo alleato. Non oscura, come ha fatto nell'ultimo mese, la mossa 5Stelle con qualche nuovo proclama. Ma non c'è un solo tweet o dichiarazione di sostegno, con Salvini al Palio di Siena, al decreto pentastellato.

Un silenzio non casuale. Le misure inserite nel provvedimento, il giro di vite sui contratti a termine e i licenziamenti senza giusta causa («è la Waterloo del precariato», festeggia a sera Di Maio), rappresentano un serio problema per la base elettorale leghista fatta anche di piccoli imprenditori. «Quel provvedimento non ci piace per nulla, abbiamo votato sì solo per non far saltare tutto», dice un ministro leghista che chiede l'anonimato, «non pensavamo neppure che fosse approvato oggi, siamo stati colti in contropiede». Vero? Difficile: c'è Giancarlo Giorgetti a presidiare palazzo Chigi. Ma la Lega vuol far trapelare la presa di distanze.

Nessuna reazione ufficiale, però: Salvini in questa fase non intende stressare un alleato già sufficientemente stressato. La prova è la mezza benedizione per il decreto che esce dal suo entourage: «Bene le norme sulle delocalizzazioni, qualche dubbio su quelle contro il precariato. Il giudizio però complessivo è buono. Non c'è alcuna spaccatura con i 5Stelle».

Di Maio, per ottenere il risultato, lavora duro. Dopo lo scontro sulle coperture con il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, il decreto ha perso pezzi. Per evitare altri danni e ripararne alcuni, il vicepremier passa le ore precedenti al Cdm a cercare fondi per lo stop alla pubblicità del gioco d'azzardo. In più dà una sterzata a sinistra che fa imbufalire Confindustria, Cna e rende felici i sindacati: Di Maio ottiene di portare da 36 a 24 mesi il timing dei contratti a termine senza causale e incassa l'aumento al 50% dell'indennizzo dei licenziamenti senza giusta causa.

IL CONTRATTACCO
Interventi che invece di placare, inaspriscono le critiche. A cominciare da quelle della quasi alleata Giorgia Meloni: «Ci troviamo di fronte a una enorme presa in giro. Nessuna abolizione del redditometro, nessuna cancellazione dello spesometro, nessuna abolizione dello split payment per le aziende perché l'abolizione sarebbe circoscritta ai professionisti. E, sullo sfondo, un impianto marxista che confonde la lotta al precariato con lotta al lavoro e alle imprese». Segue appello (inascoltato) di Maurizio Lupi a Salvini: «Speriamo che la Lega, che ben conosce le realtà più produttive del Paese, sappia aiutare le imprese». «Quel decreto è un pacchetto vetero comunista superato dai tempi», si scalda la forzista Elisabetta Gardini.

Di Maio, naturalmente, non è di questo avviso. Prima del Cdm celebra: «Stiamo smantellando il Jobs Act». E smentisce i dati Istat secondo i quali la disoccupazione è scesa ai livelli del 2012: «Non è un record dell'occupazione, ma del precariato». L'irrigidimento del mercato del lavoro? Il vicepremier non se ne cura. Aspetto che non sfugge al padre del Jobs Act, Matteo Renzi: «Abbiamo creato un milione di posti e che fa Di Maio? Ne smantella lo strumento. In questo è coerente: può rendere l'Italia una Repubblica fondata sul sussidio e non sul lavoro. Ma quando arriva il reddito di cittadinanza?».

Visto il clima, fiutato il malumore della Lega, il vicepremier grillino reagisce lanciandosi in un altro annuncio: «Nella legge di bilancio taglieremo il cuneo fiscale, abbasseremo il costo del lavoro». Da capire cosa dirà al momento opportuno il responsabile della cassa, Tria.

I problemi non sono però solo la sterzata dirigista sul lavoro e le coperture. Tra ministri, vice e sottosegretari va avanti il braccio di ferro sulle deleghe. Così anche ieri ne è slittata l'assegnazione, tranne quella al Turismo a Gianmarco Centinaio (Agricoltura).
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