M5S, base in rivolta e chiusura dei meetup: «Ormai siamo un partito come gli altri»

Mercoledì 4 Gennaio 2017 di Stefania Piras
M5S, base in rivolta e chiusura dei meetup: «Ormai siamo un partito come gli altri»
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La prendono a ridere: «Questa è una rievocazione storica, roba da archeologia politica», ma sono risate amare che certificano la fine di un mondo, quello dei meeetup, della base, dell'uno vale uno che la svolta garantista proprio non se l'aspettava. Succede infatti che in piena votazione online, pardon ratifica, del nuovo regolamento giudiziario dei Cinque Stelle chiuda uno storico meetup, il 280, fondato nel 2006.

Da qui partì il progetto delle liste civiche Amici di Beppe Grillo , da questo folto gruppo interregionale di grillini tra i quali c'era anche l'attuale parlamentare Roberta Lombardi o l'eurodeputato Dario Tamburrano. Al posto dei nomi, questi circoli, guai a chiamarli sezioni di partito, avevano i numeri. Era il 2008, si facevano ancora i raduni nazionali con gli organizers dei meetup per confrontarsi e armonizzare la linea politica. Siamo lontani anni luce dagli strali piovuti addosso all' ex M5S Federico Pizzarotti che pure aveva chiesto di replicare quell'esperienza già vissuta di riunioni notturne e fine settimana dedicati alla discussione politica.

IL NUMERO 1
I numeri ordinali li assegnava la piattaforma online che utilizzavano e pagavano: il meetup numero 1 era quello di Milano, il decimo era quello di Napoli. E quei numeri significano e sottolineano ancora oggi la totale, e perduta, orizzontalità, la mancanza di un podio o di un ordine gerarchico. E' da questi ambienti di militanti decennali che trapela un fortissimo disappunto, per non dire disorientamento sul nuovo codice giudiziario.

Ileana, storica attivista del morituro meetup, appena ha visto il regolamento ha avuto un moto di delusione cocente: «Non credo molto alle regole fatte per rattoppare situazioni passate e futuribili. Le regole vanno scritte in assenza di interesse specifico». Tra le foto ricordo spunta anche Ernesto Tinazzi. Nel M5S tutti sanno chi è: è il fondatore del primo e più importante meetup romano, l'878, che ricevette una specie di menzione d'onore da Grillo stesso quando venne a Roma per conoscerlo personalmente.
Bene, ora quell'intero meetup, con Tinazzi, è stato diffidato dall'usare il simbolo M5S. Tinazzi è il paradosso vivente dell'ossessione correttrice del M5S. Lui, il regolamento, lo chiama l'apoteosi dorotea: «Oggi i vip che contano, almeno un avviso di garanzia lo hanno ricevuto», ride beffardo. Tinazzi, essendo diffidato da Grillo, non ha potuto votare il nuovo regolamento e subisce dal M5S un trattamento peggiore di un indagato: «Sono incensurato, avvisi di garanzia zero, nulla di nulla ma faccio così schifo che non posso entrare nel portale» e profetizza la morte del Movimento conosciuto fin qua: «Da domani siamo tutti un po' più ladri, non si dimetterà più nessuno».
Dario, altro pilastro dell'attivismo campano ha votato fieramente contro il nuovo regolamento: «Dieci anni fa ci eravamo dati tre regole (Parlamento pulito) una di queste riguardava il casellario giudiziale di chi si candida. Adesso ci vengono a dire che se arriva un avviso di garanzia ci si autosospende e non è detto che si prendano provvedimenti sull'eletto in riguardo all'uso del simbolo. Io dico No».

«Uno vale uno è morto e seppellito» dice Alfredo, e «Salterà anche la regola dei due mandati, diamogli tempo» replica Giuseppe. E se qualcuno prova a ricordare sui social a Luigi Di Maio, che nega la svolta anti giustizialista, che la parola garantista non è insulto, c'è chi replica, anche tra i parlamentari: «quando lui parlava di regole, in Tv, stava parlando di cose inesistenti. Dispiace che abbia detto bugie».

Sono gli strascichi di chi non ha ancora digerito la cacciata di Pizzarotti su cui si è abbattuta la furia giustizialista voluta dai garanti in persona. Questo strapotere discrezionale fa paura a molti, ad altri risulta incomprensibile per la natura del M5S. Graziano, altro storico attivista emiliano, scrive le ragioni della sua personale bocciatura del nuovo codice: «L'arbitrio diventa regola. Non esiste che qualcuno a sua discrezione valuti in base al Codice di comportamento in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie comportamenti che non hanno rilevanza penale». Ma sono speculazioni relegate in Rete, lontano dai riflettori, apparse in serata, quando alla fine lo schermo s'illumina con una nuova notifica del blog: «Le votazioni di oggi si sono concluse. Grazie a tutti».