Ultima trattativa sul governo, ma Berlusconi resiste al pressing

Mercoledì 9 Maggio 2018 di Emilio Pucci
Ultima trattativa sul governo, ma Berlusconi resiste al pressing
«Non cediamo alle pressioni». A fine giornata Berlusconi chiude ogni spiraglio. Niente appoggio esterno ad un esecutivo M5s-Lega: «Dopo due mesi di tentativi per dare vita ad un governo espressione del centrodestra, prima forza politica alle elezioni del 4 marzo, Forza Italia non può accettare nessun veto». Per ora tutto fermo quindi, si torna al punto di partenza. Ma sono state 24 ore di dubbi per il Cavaliere.

La Lega ha alzato il tiro minacciando di nuovo il voto subito («Decida tra le urne a luglio o far partire la sperimentazione Lega-M5s», l'avvertimento di Giorgetti), conseguenze sulle liste o addirittura la fine dell'alleanza nel caso di un sì azzurro ad un esecutivo di tregua. Anche una gran parte del gruppo parlamentare di FI propende per una svolta. Perciò il Cavaliere ha valutato il grande passo'. Quello di acconsentire la nascita di un esecutivo a determinate condizioni. Un travaglio però che al momento non ha portato alcuna fumata bianca. Anzi. Ieri sera è prevalsa la linea dei falchi', del no ad oltranza. Ma le argomentazioni che il Cavaliere ha inserito nelle sue riflessioni non sono conseguenza delle pressioni arrivate da ogni dove, né dello spauracchio delle urne anticipate.

PRANZO DI FAMIGLIA
Ad Arcore Berlusconi si è confrontato con la famiglia e con tutti i big del partito azienda che ritengono il percorso dell'appoggio esterno come «un male minore» rispetto alle elezioni anticipate. La preoccupazione del Cavaliere è sì legata alle garanzie da ottenere su quel fronte ma è motivata soprattutto dalla fase emergenziale che sta attraversando il Paese. Ai suoi problemi reali, alle possibili ricadute finanziarie della crisi, all'eventualità che la situazione di stallo, con il nuovo ricorso ai cittadini all'orizzonte, possa portare l'Italia sull'orlo del baratro. Occorre sterilizzare l'aumento dell'Iva, apprestare la Finanziaria per abbassare le tasse al ceto medio e agli imprenditori, confrontarsi a Bruxelles sul bilancio Ue, cercare di rilanciare l'occupazione. L'ex presidente del Consiglio perciò ha chiesto 24 ore di tempo per valutare il da farsi. Avendo come stella polare, sottolinea chi gli ha parlato, questi timori.
I suoi emissari, hanno invitato il Colle ad attendere. Un eventuale passo di lato sarebbe a suo modo di vedere un atto di estremo sacrificio. La testimonianza di un atteggiamento responsabile, non di fronte a chi preme affinché si faccia da parte, ma appunto di fronte agli italiani. Ma sulla bilancia ha pesato di più l'atteggiamento di Di Maio e di Salvini (nessun contatto tra il Cavaliere e il giovane Matteo), l'intenzione del segretario del Carroccio di portare avanti una Opa ostile nei confronti di FI, la mancanza di ogni tipo di scudo nei confronti suoi e delle aziende. Eppure il partito di via Bellerio continuerà anche oggi nel suo pressing. «Domani sarà l'ultimo minuto, l'ultimo secondo in cui la speranza svanisce o la speranza fiorisce», ha detto Giorgetti che ieri mattina è stato netto nell'invitare il Cavaliere a fare dietrofront: «Chiediamo a Berlusconi ha rilanciato - un gesto di responsabilità per dare un Governo al Paese». «Richiesta irricevibile», la risposta delle due capigruppo azzurre Gelmini e Bernini, «cadano i veti M5s e scriviamo un programma comune».

«Se Salvini e Di Maio vogliono fare un governo lo facciano da soli, noi ce ne staremo all'opposizione», dicono in FI. «Così noi avremo le mani libere. La verità è che Lega vuole i nostri voti gratis», la posizione di chi ha alzato nuove barricate. La tesi è che con un passo di lato FI si condanna all'irrilevanza. Tuttavia sotto traccia molti deputati e senatori azzurri spingono affinché il Cavaliere cambi strategia, si ponga come l'ago della bilancia di un esecutivo M5s-Lega e impedisca il voto anticipato. «La pistola delle urne non spara a salve. Siamo in un vicolo cieco», il refrain di tanti dirigenti che temono il dimezzamento delle truppe in Parlamento. Non solo i peones si appellano al Cavaliere: «Con le elezioni al massimo possiamo aspirare ad arrivare al 7%. Sarebbe questo il ragionamento - come ridurre della metà un capitale d'azienda». «Io credo ha osservato per esempio Toti - che Forza Italia dovrebbe comportarsi in modo ragionevole, ovvero se ci sono i numeri, farlo insediare con la nostra benevolenza, non certo ostilità». Fdi, pur difendendo «l'unità come valore del centrodestra», era disposta anche ad affiancare Forza Italia sulla strada dell'appoggio esterno. Le trattative sono andate avanti sotto traccia: a FI ministri d'area (ma Giorgetti smentisce, «non mi risulta»), la presidenza della Commissione per la legge elettorale e qualche posto di sottosegretario. L'exit strategy? La mossa dell'astensione. Ma Berlusconi in serata ha chiuso: «Non è possibile alcuna retromarcia».
Ultimo aggiornamento: 07:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA