L'ira di Renzi: la sinistra dem vuole sabotarmi, non ci riuscirà

Lunedì 23 Maggio 2016 di Alberto Gentili
L'ira di Renzi: la sinistra dem vuole sabotarmi, non ci riuscirà
ROMA - «Ormai è evidente, il mio richiamo all'unità è caduto nel vuoto...». Matteo Renzi non lo dice ufficialmente, ma vista la reazione della minoranza interna all'appello lanciato appena martedì scorso, ha ormai tracciato una linea netta.

Da una parte la maggioranza del Pd che, come dice il vicesegretario Lorenzo Guerini, «in un solo week-end, lavorando ventre a terra, ha già raccolto centomila firme a sostegno del sì» al referendum d'autunno sulla riforma costituzionale. Dall'altra i ribelli guidati da D'Alema & C. «E Bersani, che a parole dice di essere pronto a schierarsi per il “sì” ma in realtà spera nella vittoria del “no”, ha individuato il modo per farci più male possibile cercando ogni giorno qualcosa che non va nella riforma. Un vero e proprio sabotaggio», dicono al quartier generale del Nazareno: «Pierluigi fa molti più danni di quanti ne avrebbe fatti scandendo un “no” chiaro e sincero».

Insomma, è già in archivio l'auspicio del premier-segretario di un «partito unito che parla al Paese a testa alta» nell'affrontare la doppia sfida delle elezioni comunali del 5 giugno e del referendum costituzionale. Al Nazareno l'umore dei colonnelli non è dei migliori: «La situazione per le elezioni comunali è meno brutta di quanto temessimo. Ma si arranca ancora perché c'è una terribile dispersione di energie, con la minoranza che rema contro e scommette sulla doppia sconfitta. Nei comizi, nelle strade e nelle piazze trovi solo esponenti della maggioranza. C'è chi si fa 5-6 Comuni in un solo giorno, altri se va bene fanno solo qualche comparsata».

GUERINI, IL NUOVO APPELLO
Eppure, Renzi non alza bandiera bianca. Non ufficialmente, almeno. Più per una questione d'immagine che di sostanza. La prova arriva dalle parole di Guerini: «Il nostro appello all'unità è sincero e speriamo venga accolto da tutti. Depurando il dibattito interno dalle polemiche di queste ore, sono sicuro che il partito non possa che ritrovarsi unito nel “sì” al referendum. Questa riforma l'abbiamo voluta e votata tutti insieme ed è coerente con le posizioni degli ultimi vent'anni, dell'Ulivo prima e del Pd poi. Schierarsi per il ”no” è irragionevole».
Nel frattempo palazzo Chigi alza il tasso di drammatizzazione. Dopo Renzi, ieri è stata la volta di Maria Elena Boschi ad annunciare il passo indietro in caso di fallimento del referendum. Questo è il modo scelto da Renzi per far capire che se vincesse il fronte del “no” crolla tutto. E' un “dopo di me il diluvio”: elezioni anticipate e Paese in mano ai grillini, «incapaci di gestire perfino Comuni di poche anime...».

Uno slogan valido anche per Roma. «La situazione nella Capitale è meno catastrofica di quanto si temesse», sostengono al Nazareno, «Giachetti al ballottaggio può farcela contro la Raggi, i romani sono abbastanza intelligenti da capire che sarebbe un disastro affidare la città a una incompetente. Per questo è possibile che si perda a Milano ma non a Roma: tutti conoscono il discusso mondo che c'è dietro Parisi, ma nessuno può dire che sia del tutto incapace di fare il sindaco».

Proprio perché Roma «non è spacciata», Renzi giovedì 2 giugno terrà un comizio insieme a Roberto Giachetti. «I dati sono incoraggianti», sostiene Guerini, «ma la battaglia è lunga, si deciderà al ballottaggio».
Ultimo aggiornamento: 08:00