Governo, palazzo Chigi a un 5 Stelle: ecco la grande spartizione

Domenica 20 Maggio 2018 di Alberto Gentili
Governo, palazzo Chigi a un 5 Stelle: ecco la grande spartizione
Questa mattina, alla vigilia della nuova visita a Sergio Mat- tarella, Luigi Di Maio e Matteo Salvini torneranno a vedersi nella Capitale. Come ormai da setti- mane, i due ieri si sono sentiti e scambiato messaggi: chiuso il “contratto di governo”, il capo grillino e il leader leghista trattano su premier (sarà un 5Stelle) e ministeri. Partita aspra, ringhio- sa. Dall’approdo tutt’altro che scontato. Anche perché, come ha ricordato la settimana scorsa Mattarella, il capo dello Stato «non è un notaio».

Sarà il Presidente a dire l’ultima parola sui ministri e a stabilire, come fece Luigi Einaudi, se il nome che gli verrà proposto domani per pa-lazzo Chigi sarà all’altezza del delicato ruolo. Di Maio, che non ha abbandonato il proposito di guidare il governo giallo-verde, spera proprio nella sponda del Quirinale. Non a caso, dopo che Salvini ha ripetuto che il premier non sarà né lui né il capo grillino, «ma un professionista incontestabile che vada bene ad entrambi e ha partecipato alla stesura del pro- gramma», Di Maio si è lasciato sfuggire: «Non so se andrò io a palazzo Chigi». Come dire: è difficile, ma ancora ci provo. E Davide Casaleggio ha messo a verbale: «Il premier ideale è Luigi».

Lo schema di gioco del leader 5Stelle lo spiega un grillino di al-to rango: «Sul Colle, d’accordo con Salvini, Luigi farà un nome terzo, proporrà un tecnico d’area. Uno come Conte, oppure come Roventini e Fioramonti. Però già mette in conto le perplessità del capo dello Stato di fronte a personalità competenti, ma non certo di spicco. E confida sul fatto che sia il Presidente, per avere un governo più forte e stabile, a spingerlo a fare il premier in quanto leader politico della forza che ha preso il 32% di voti...». Tant’è, che Di Maio ha confidato: «Mi riproporrò, la logica sta dalla mia parte». Da vedere, se veramente fosse questo l’epilogo, come reagirà Salvini. Il rischio che salti tutto c’è: «Mat- teo non potrà mai accettare Di Mio come premier», dicono nell’entourage del capo leghista.

LA SQUADRA
Strettamente collegata a quella di palazzo Chigi è la partita dei dicasteri, la lotta per la spartizione. Di Maio ha fatto capire a Salvini - se dovesse fare il famoso passo di lato e rinunciare alla premiership - di puntare sul comparto economico: Sviluppo (Fioramonti), Lavoro-welfare (il leader grillino), Infrastrutture e trasporti (Laura Castelli). Chiara la strategia: imporre lo stop alla grandi opere (Tav Tori- no-Lione, Terzo Valico e Tap) e attuare in prima persona il red-dito di cittadinanza. Più la Giustizia per Alfonso Bonafede, la Sanità per Giulia Grillo, la Scuola per Vito Crimi o Vincenzo Spadafora che potrebbe anche assu- mere l’incarico di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Salvini, in questo schema senza Di Maio ma con il giurista Conte o l’economista Roventini o lo stesso Bonafede a palazzo Chigi, agguanterebbe il comparto sicurezza per avere «le mani libere» contro rom e migranti. Gli Interni per lui, la Difesa a Lorenzo Fontana (se il capo leghi- sta non riuscirà ad agganciare Fratelli d’Italia e a portare Guido Crosetto in quel dicastero), i Servizi segreti a Giancarlo Giorgetti che assumerebbe anche il ruolo strategico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Inoltre, alla Lega andrebbe l’Agricoltura (Nicola Molteni), i Rapporti con il Parlamento (Giulia Bon- giorno), il nuovo ministero alle disabilità (Simona Bordonali), il Turismo e gli Affari regionali (Gian Marco Centinaio). Tutto cambierebbe e alla Lega potrebbe andare anche qualche dicastero economico, se in- vece Di Maio dovesse spuntarla e riuscisse ad andare a palazzo Chigi.

In questo caso evaporerebbe anche l’ipotesi del capo pentastellato e di Salvini nel ruolo di vicepremier, per quello che è stato immaginato come una sorta di triumvirato con il “premier terzo” targato 5Stelle.
Sui dicasteri più importanti, quelli di Economia, Esteri e Difesa, Di Maio e Salvini sono orientati ad affidarsi totalmente alle indicazioni del Quirinale. I nomi più accreditati sono quelli di Salvatore Rossi (attuale direttore generale di Bankitalia) per il Te-soro. Dell’ambasciatore Giampiero Massolo (presidente di Fincantieri e dell’Istituto di politica estera) per la Farnesina. Più, appunto, Crosetto per la Difesa: visto il “no” di Giorgia Meloni a sostenere l’esecutivo, Salvini nelle ultime ore è tornato a sondare la leader di FdI per provare a farle cambiare idea. Persa Forza Italia, avere la sponda della Meloni sarebbe utile per bilanciare lo strapotere grillino. Se tutto andasse per il verso giusto il governo potrebbe giurare tra giovedì venerdì.
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