La diplomazia muscolare di Trump, l’Europa e la voglia di un nuovo ordine mondiale

Domenica 10 Giugno 2018 di Marco Conti
La diplomazia muscolare di Trump, l’Europa e la voglia di un nuovo ordine mondiale
ROMA Sorprende gli alleati. Gioca a nascondino con i suoi avversari. La diplomazia muscolare di Donald Trump ieri notte ha colpito ancora togliendo con un tweet dall’air force one, la sua firma dal comunicato finale del G7. Una mossa condita da attacchi all padrone di casa, il canadese Justin Trudeau definito “debole e disonesto”. La sostanza del summit canadese non cambia di molto, ma lo strappo è vistoso e conferma la volontà del presidente Usa di cambiare l’ordine dei suoi interlocutori mondiali anche se non è chiaro quale potrà essere quello nuovo.

Nella scomposta politica estera di Trump si leggono le difficoltà che incontra l’amministrazione a lavorare con la spada di Damocle rappresentata dall’inchiesta in corso sui legami suoi e di alcuni suoi collaboratori con Mosca. La minaccia dei dazi e di sanzioni resta ma solo in parte copre il problema dell’alto tasso di indebitamento pubblico e privato degli Stati Uniti che si vorrebbe contenere rendendo il mercato interno meno vivace.

Nella dottrina dell’America First non esistono alleati, ma semplici conoscenti. I nemici però restano e uno Trump lo incontra oggi a Singapore. Il dittatore nordcoreano Kim Jong-un ha già preso in giro più di un presidente americano ai quali aveva promesso un processo di denuclearizzazione mai avviato. La Russia sta a guardare e anche l’Europa che in Canada ha mostrato, malgrado tutto, una compattezza contro la quale ha urtato Trump anche per il sostegno dato da Trudeau a Bruxelles sulla questione dazi.

Un summit dagli esiti incerti se non negativi non cancella però la necessità di mantenere in vita un format che mette insieme tutte le democrazie occidentali più quella giapponese. Cosa potrebbe accadere se non ci fossero incontri come questo, è facile prevederlo. Purtroppo. Spetta ora all’Europa riprendere in mano il propio destino nella consapevolezza che hanno soprattutto i paesi fondatori, di poter contare di più insieme al tavolo negoziale.
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