Berlusconi ora lancia un "piano Marshall" per aiutare la Sicilia. Salta la cena con Salvini

Venerdì 3 Novembre 2017 di Mario Ajello
Berlusconi ora lancia un "piano Marshall" per aiutare la Sicilia. Salta la cena con Salvini
dal nostro inviato
PALERMO «Qui si mangia carne di cavallo, che rende forti. Ma noi siamo già delle tigri». La battuta è di Silvio entrando alla Trattoria del Cavaliere - non l'ha scelta Berlusconi ma Musumeci - e tutti ovviamente gli dicono «bravo». La cena della riappacificazione tra Berlusconi e Salvini, prevista e strombazzata, diventa un caffè in cui si abbracciano e il leader leghista subito precisa rivolto ai presenti: «Abbiamo parlato di Milan». Forse per questo si sono abbracciati. Basta che non si parla di chi è più forte di chi, e i due possono convivere. E Salvini, pur avendo già mangiato da solo e da un'altra parte e sentendosi libero di non dover stipulare nessun patto di governo come vorrebbe il leader, assaggia insieme al Cavaliere un po' di carne di cavallo siciliana. Che dopo il caffè e l'ammazzacaffè non dev'essere il massimo. Specie se ormai è mezzanotte.

I NODI
La Meloni è qui alla Trattoria del Cavaliere e anche Musumeci, Cesa, La Russa, Armao. Non è una cena o un dopo cena veri, quelli che servono a dirimere le tante questioni politiche che dividono il centrodestra in Sicilia e in Italia. E' una comitiva che cerca un po' di relax anche dalle proprie ansie e vicendevoli gelosie. Mentre Salvini si fa attendere, Sgarbi, futuro eventuale assessore ai Beni Culturali con Musumeci, scherza: «Non è che Salvini è a cena con Grillo?». Berlusconi è educato ma diffida del leghista. Il leghista mostra simpatia, ma non sopporta che Berlusconi non lo voglia considerare un leader suo pari. Intanto Musumeci, che non va d'accordo con Miccichè e che non ama gran parte della compagnia forzista, entrando al ristorante dice ad alcuni presenti: «Se dopo la vittoria credono di condizionarmi, io li mando a quel paese». Diffida non di Berlusconi il candidato presidente, ma dei berluscones. Teme che il suo candore possa essere sporcato da frequentazioni cui non è abituato.

Prima della cena anzi del caffè notturno, tre manifestazioni pomeridiane separate: la Meloni a piazza Stesicoro, Salvini davanti al teatro Bellini, Berlusconi nella location delle Ciminiere. Quando un gruppo di missionari della libertà berlusconiani, muniti delle loro bandiere, passano accanto alla piccola folla che aspetta Salvini, vengono accolti così dai leghisti siculi: «Ma che ci fate qui? Voi pensate soltanto a fare l'inciucio a Roma con Renzi». Il clima di divisione nell'unità, ma sarebbe meglio dire di divisione nella separazione, nel centrodestra questo è. E come dice la Meloni, «tutti i discorsi sul programma e sui ministri restano aperti, non li abbiamo mai affrontati». Nè al ristorante né altrove. Anche se Berlusconi non fa che ripetere che già è tutto deciso praticamente su tutto e tutti sono d'accordo fra di loro e con lui. La verità è che Berlusconi non ha affatto gradito il tour siciliano di Salvini, e la sua pretesa di presentarsi alla regione e al mondo come un leader suo pari. E voglioso di superarlo nei voti alle politiche. Anche per questo, per restare il number one, Berlusconi ieri al comizio catanese è stato più che mai SuperSilvio. Un battitore libero di promesse pirotecniche. «Faremo un casinò a Taormina». Ma questo è il minimo. «Costruiremo finalmente, appena torniamo al governo, il Ponte sullo Stretto». Comunque Musumeci, che è una sorta di simbolo di legalità, non fa entrare i cosiddetti impresentabili. Per esempio Riccardo Pellegrino, uno dei candidati forzisti più discussi, e gli fanno sapere che non è gradito.

Silvio lancia il grido «un grande Piano Marshall per aiutare la Sicilia». A cena, ma anche prima e dopo, vorrebbe che Salvini (il quale minimizza: «Di ministri parleremo quando sarà il momento») stipulasse un patto di sottomissione (il patto della polpetta?) e non riesce a contemplare il fatto che Matteo, anche se la sua piazza ieri sera era semi-vuota, presuma di poterlo superare nei consensi. Per evitare il rischio, Berlusconi alza il livello delle promesse: «più porti, più strade, più autostrade, più ferrovie». Ma soprattutto: «Cari catenesi, fate una preghiera per Sant'Agata». E subito un tweet di Sergio Scandura, di Radio Radicale, gli ricorda: «Renzi disse prima del referendum che Sant'Agata vota per il Sì, e poi perse».