Brexit, May accusa l'Unione europea: «Minacce per condizionare voto»

Mercoledì 3 Maggio 2017
Brexit, May accusa l'Unione europea: «Minacce per condizionare voto»

Theresa May accusa leader e funzionari europei di aver rivolto «minacce» sui negoziati per la Brexit con l'intendo di «condizionare» le elezioni britanniche dell'8 giugno.

Parlando dopo essere stata ricevuta dalla regina per lo scioglimento formale del Parlamento, la premier del Regno aggiunge che la posizione di Londra in questi giorni è stata deliberatamente «mal rappresentata».

Il Regno Unito, comunque, non ha alcuna intenzione di staccare un assegno da 100 miliardi di euro per il divorzio dall'Unione europea. Così il ministro per la Brexit, David Davis, ha replicato alle indiscrezioni pubblicate dal Financial Times, che indica appunto in 100 miliardi di euro la cifra che Bruxelles pretenderebbe da Londra. Il Regno Unito, ha detto Davis in un'intervista mattutina a Itv, pagherà ciò che è legalmente dovuto e «non quello che vuole la Ue» .

La decisione del Regno Unito di recedere dall'Ue «ha già provocato dieci mesi di incertezza. Bisogna porvi fine ed è ora di iniziare a negoziare, non appena il Regno Unito sarà pronto», sottolinea il capo negoziatore dell'Ue per le trattative sulla Brexit Michel Barnier, in conferenza stampa a Bruxelles presentando la raccomandazione al Consiglio delle linee guida per i negoziati. Taluni, continua Barnier, «hanno creato l'illusione» che i negoziati possano essere rapidi, ma «non sarà così. Abbiamo bisogno di soluzioni solide e di precisione giuridica. Tutto questo richiederà tempo». «Accompagnando Jean-Claude Juncker a Londra ho avuto l'onore di incontrare per la prima volta Theresa May. L'incontro è stato molto cordiale e spero che noi potremo costruire un'entente cordiale tra i 27 e il Regno Unito. Non sono sicuro di riuscire, ma è il mio obiettivo, quello di costruire un'Entente cordiale che duri, ben al di là della Brexit», ha poi affermato Barnier.

L'Entente cordiale è un accordo politico, non tradotto in alleanza formale, siglato nel 1904 tra il Regno Unito e la Terza Repubblica francese, che pose fine a quasi un millennio di conflitti intermittenti tra le entità politiche sulle due sponde della Manica. La parte più rilevante dell'accordo riconosceva la reciproca libertà di azione della Francia in Marocco (con un riconoscimento degli interessi spagnoli nell'area) e della Gran Bretagna in Egitto, regolando le divergenze coloniali tra i due Paesi e avvicinando la Gran Bretagna alla Duplice Alleanza franco-russa.  Le due potenze erano arrivate sull'orlo di una guerra aperta nel 1898, durante la crisi di Fashoda (oggi Kodok, nel Sud Sudan), poi risolta per via diplomatica con il ritiro delle truppe francesi, che erano arrivate sul posto dopo 14 mesi di traversata del continente, partendo da Brazzaville, nel Congo.

La lingua in cui si svolgeranno i negoziati tra l'Ue e la Gran Bretagna sulla Brexit deve essere ancora decisa. «Le questioni pratiche, come il regime linguistico e la struttura dei negoziati, saranno concordati congiuntamente dai negoziatori dell'Unione Europea e del Regno Unito», riporta un Memo diffuso oggi dalla Commissione Europea, nella risposta alla domanda «In che lingua saranno i negoziati?».  L'idioma in cui si negozia non è un argomento secondario, dato che chi parla nella propria lingua madre gode di un vantaggio, almeno sul piano psicologico, rispetto a chi deve esprimersi in una seconda o terza lingua.  Già in ottobre era circolata la voce che Michel Barnier, capo negoziatore dell'Ue per la Brexit, avrebbe avuto intenzione di tenere gli incontri con le controparti solo in francese. Voce che Barnier, che ha un'ottima padronanza dell'inglese, aveva smentito, spiegando su Twitter che la lingua in cui negoziare sarebbe stata decisa dalle parti all'inizio delle trattative. Il predominio dell'inglese, dunque, non è scontato. 




 

Ultimo aggiornamento: 4 Maggio, 16:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA