Trattati di Roma, l'Unione tenta il rilancio

Sabato 25 Marzo 2017 di Alberto Gentili
Trattati di Roma, l'Unione tenta il rilancio

L'Europa oggi prova a ripartire. Ferita dalla Brexit, minacciata dai populismi foraggiati da crisi, disoccupazione, migranti e terrorismo, assediata da Donald Trump e da Vladimir Putin, l'Unione tenta di ritrovare vitalità e slancio con la firma della Dichiarazione di Roma. Il documento, ritoccato qua e là e annacquato pur di incassare il sì di tutti e Ventisette gli Stati, verrà firmato questa mattina nella sala degli Orazi e Curiazi in Campidoglio. Proprio lì dove, 60 anni fa, venne battezzato il primo nucleo dell'Unione.

Che i tempi siano difficili lo dimostrano le parole rivolte dal capo della Commissione, Jean-Claude Juncker, al presidente Usa: «Trump stia attento a spingere alcuni Paesi (come Polonia, Ungheria, ndr.) a seguire l'esempio della Gran Bretagna. Se l'Europa fallisce ci sarà una nuova guerra nei Balcani occidentali». Anche Paolo Gentiloni, durante l'udienza con il Papa, non è andato per il sottile: «Affiorano fenomeni preoccupanti come il rinchiudersi nei confini, il considerare il diverso come un nemico e la solidarietà un disvalore. Milioni di poveri, la crescente disoccupazione, la crisi economica interrogano le nostre coscienze. L'Unione non può essere fatta solo di parametri...». Ma anche di difesa e sicurezza comuni, di standard sociali adeguati, sviluppo. Ed è questo ciò che i Ventisette metteranno nero su bianco questa mattina in Campidoglio.

Certo, la Dichiarazione è meno ambiziosa di quanto avrebbero voluto Angela Merkel, François Hollande, Gentiloni e il premier spagnolo Mariano Rajoy. Il riferimento all'Unione a più velocità, il metodo individuato per rilanciare l'Europa dopo la Brexit, non è incisivo. Ma c'era da recuperare la Polonia, decisa a far saltare il banco senza alcune correzioni. E ieri la premier Beata Szydlo ha dato il via libera: «Firmo, il documento è un compromesso accettabile». E c'era da ottenere il sì della Grecia non tanto preoccupata (come i Paesi dell'Est) di essere marginalizzata, ma di venire strozzata dai creditori (Fmi in testa) con la conseguente archiviazione dei «diritti sociali fondamentali». Ad Alexis Tsipras, a meno di sorprese dell'ultim'ora, sembrano essere bastate le rassicurazioni di Juncker: «E' nell'interesse di tutti concludere entro aprile la revisione del programma di aiuti per la Grecia. Atene rispetterà il programma di riforme concordato e i creditori concederanno il necessario spazio di manovra per costruire il suo futuro e garantire i diritti sociali».

IL TESTO FINALE
Nella Dichiarazione non si fa esplicito riferimento alla diverse velocità, né al rilancio delle cooperazioni rafforzate come la moneta unica e Schengen. Il testo finale suona così: «Agiremo insieme, a differenti ritmi e intensità dove necessario, nella stessa direzione come in passato, in linea con i Trattati e tenendo la porta aperta a quelli che vorranno aggregarsi dopo. La nostra Unione è indivisibile». Ma il concetto alle diverse velocità resta. «E gli Stati che lo vorranno», spiega una fonte autorevole, «nei prossimi mesi potranno procedere con l'unione della difesa, della sicurezza, del welfare, così come in passato si è fatto con l'euro e la libera circolazione delle persone».

Tant'è, che da questa Dichiarazione prenderà vita l'Agenda di Roma. Obiettivo: sconfiggere i populismi e l'anti-europeismo, garantendo «nei prossimi 10 anni un'Unione più sicura, prospera, competitiva, socialmente responsabile, in grado di dare nuove opportunità ai suoi cittadini». I settori d'azione, su cui mese dopo mese la Commissione avanzerà delle proposte, sono quattro. Il primo è la sicurezza, con il controllo comune dei confini esterni, la collaborazione di intelligence e polizie, la regolamentazione dei flussi migratori. Il secondo è economico, con l'impegno a creare un'Europa che dia «lavoro, crescita e benessere», completando la governance dell'Eurozona. Il terzo è la difesa con il lancio di collaborazioni militari e un'«industria della difesa integrata». Il quarto settore è l'«Unione sociale europea» per combattere «discriminazioni, esclusione, povertà, disoccupazione».

L'OBIETTIVO ITALIANO
E' questo il tema che sta più a cuore a Gentiloni: «Mai più messe senza fede o riti vuoti di sostanza», ha detto citando Delors. Non a caso oggi i sindacati saranno invitati al vertice in Campidoglio e ieri il premier italiano ha celebrato un incontro con le parti sociali. «Bisogna rafforzare il welfare europeo e il dialogo sociale», ha detto, «le conquiste sociali sono uno degli elementi più importanti raggiunti in sessant'anni di integrazione e vanno rafforzate per dare nuovo slancio al processo comunitario». Fissato già un vertice il 17 novembre a Gotemborg. Con due problemi non da poco: i Paesi dell'Est (Polonia, Ungheria e Bulgaria in testa) sono contrari perché dovrebbero rinunciare al dumping sociale dei loro lavoratori a basso costo. E contrari sono anche alcuni Stati del Nord che, con un welfare che funziona, non vogliono che Bruxelles ci metta bocca.

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Ultimo aggiornamento: 11:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA