Siria, la svolta muscolare di Trump che ribalta la politica Usa

Sabato 8 Aprile 2017 di Flavio Pompetti
Siria, la svolta muscolare di Trump che ribalta la politica Usa
1
WASHINGTON Un'occhiata alle foto dei bambini siriani ustionati e asfissiati dal gas, e Donald Trump ha ribaltato la sua strategia di politica estera. Appena ventiquattro ore prima, con l'attacco nella provincia di Idlib già alle spalle il suo segretario di Stato Rex Tillerson aveva detto in Turchia che «la soluzione delle crisi siriana e il futuro del presidente Assad sono nelle mani dei cittadini di quel paese». L'affermazione era in linea con la politica del disimpegno sul fronte internazionale, che Trump ha professato sin dall'inizio delle discesa in campo politico due anni fa. A più riprese aveva detto che un intervento nel conflitto siriano non entrava negli interessi americani, e che lui da presidente non avrebbe mai trascinato il paese in una guerra elettiva. Il 20 di gennaio, nel discorso di inaugurazione, Trump aveva promesso: «Non voglio essere il leader del mondo. Sarò invece il presidente dell'America First (l'America prima di tutto)».

L'APPELLO
I suoi collaboratori ribadiscono che è stata davvero l'intensità dello strazio contato dalle fotografie a scuoterlo e spingerlo all'azione, e la conferma è nel breve discorso che il presidente ha pronunciato dopo aver cenato con Xi a Mar a Lago, con la pista dell'aeroporto di Shairat ancora fumante per l'esplosione dei Tomahawk. «Nessun figlio di Dio ha detto Trump in una rara apertura religiosa dovrebbe mai subire un tale orrore». Il leader americano ha fatto appello ai potenti di tutto il mondo per «sconfiggere la barbarie ed eliminare il terrorismo» e nel congedarsi ha invocato la benedizione prima per il suo paese, e poi per il resto del mondo. Dal punto di vista strategico Trump ha inquadrato la decisione di attaccare l'aeroporto siriano come un intervento a difesa del suo paese: «Combattere contro l'uso di armi chimiche è nell'interesse vitale per la protezione della nostra sicurezza nazionale» ha detto in Florida giovedì sera. Resta ora da capire se l'intervento segna una vera svolta nell'andamento della guerra civile in Siria, e un ripensamento della posizione americana riguardo al ruolo della Russia in quel teatro di guerra. I politici di Washington hanno già esploso la polemica in direzioni opposte: alcuni democratici come l'ex candidato alla vice presidenza Tim Kaine e il libertario Rand Paul accusano il presidente di aver compiuto un atto di guerra senza l'approvazione del congresso, e chiedono l'apertura di un dibattito e il voto in aula. Altri, come i veterani della commissione Esteri del Senato McCain e Graham, spingono per una sequenza di attacchi che paralizzino tutta la forza aerea di Assad, e spingano il dittatore fuori dal paese. Per la prima volta dall'inizio del suo mandato, Trump ha trovato ieri gli alleati europei tutti allineati in supporto della scelta «comprensibile» secondo Angela Merkel e della «risposta adeguata al barbaro attacco» nelle parole di Theresa May. Il consenso si allarga all'Italia, all'Arabia Saudita, a Israele e Giappone.

GLI INCARICHI
Trump sta valutando una riorganizzazione dello staff della Casa Bianca, con la quale il capo dello staff Reince Priebus e lo stratega Steve Bannon potrebbero essere riassegnati a diversi incarichi. Una decisione che sarebbe legata alla frustrazione del presidente per le lotte interne alla sua squadra. Ma la rimozione di Bannon dal consiglio di Sicurezza Nazionale e il rafforzamento del generale McMaster nello stesso istituto sembra indicare un ritorno dei globalisti a scapito dell'isolazionismo professato dall'amministrazione fino a poco fa. Gli alfieri della politica estera americana erano ieri all'attacco a tutto campo: l'ambasciatrice all'Onu Nikki Haley ha denunciato le complicità di iraniani e russi a fianco di Assad, e il segretario di Stato Tillerson si è domandato se la Russia ha esercitato a dovere il compito di controllore delle armi chimiche di Assad. Tutto sembra indicare una svolta interventista. Ma i segnali non sono tutti univoci. Finora Trump è stato l'unico nella sua amministrazione a non nominare la Russia. E riguardo al futuro della Siria, Tillerson ha ammonito già giovedì: «Non azzardatevi a ipotizzare un cambio della nostra strategia militare in Siria». Trump non vede il suo intervento come un atto di ingaggio, ma come una risposta alla più recente violazione di Assad degli accordi sulle armi chimiche, e in quanto al futuro, come ha detto Haley all'Onu, «saremo pronti a farlo ancora, se necessario».